#RIPTwitter è l’hashtag che sta accompagnando, nelle ultime ore, le dimissioni di massa da Twitter di centinaia di dipendenti dopo l’ultimatum di Elon Musk, che aveva chiesto loro di “dedicarsi incondizionatamente” alla piattaforma o andarsene. L’obiettivo dell’imprenditore, proprietario della piattaforma da tre settimane dopo un lungo iter di trattative, terminate con un acquisto da 44 miliardi di dollari, è quello di creare un Twitter 2.0, rivoluzionario, per renderlo sempre più competitivo e libero. Musk aveva già provveduto a sciogliere il Consiglio di amministrazione – nominando sé stesso come unico membro del nuovo Cda e diventandone, al contempo, Ceo -, prevedendo anche il pagamento della famosa spunta blu per 7,99 dollari al mese, decisione che aveva scatenato non poche polemiche. Poi, qualche giorno fa, l’ultimatum: restare lavorando di più o trovarsi un’altra occupazione.
Dimissioni di massa da Twitter: cosa sta succedendo
Il patron di Tesla è deciso a tagliare i costi per rientrare nei 44 miliardi di dollari spesi per rilevare la piattaforma social, ma i licenziamenti di massa degli ultimi giorni – che si aggiungono a quelli già effettuati dal nuovo proprietario – dimostrano che i dipendenti non sono disposti a scendere a patti con lui. L’ultimatum di mercoledì, inviato attraverso una mail interna – come riportano sia il Washington Post che il New York Times – chiedeva ai dipendenti di prendere una decisione entro ventiquattro ore: continuare a lavorare per la piattaforma, ma in modo “incondizionato”, scordandosi le promozioni, oppure andarsene.
Ma il numero di coloro che hanno deciso di licenziarsi sembrerebbe essere molto superiore al previsto, tanto che Musk avrebbe deciso di rilanciare la sua “offerta” proponendo ai lavoratori di lavorare da remoto, a patto di garantire un “eccellente contibuto”. Proposta che a quanto pare non sembra essere stata sufficiente, con centinaia di persone pronte a trovare una nuova occupazione. “Entrare in questa compagnia era stata una delle decisioni più facili che avessi mai preso. Oggi lo è andarsene”, ha scritto un ex dipendente sui social. Ma sono in tanti, come lui, a parlare di un ultimatum che è stato come “un pugno nello stomaco”, soprattutto perché ai dipendenti è stato lasciato poco tempo per scegliere.
Ora i fuoriusciti avranno diritto a tre mesi di stipendio, ma Twitter potrebbe andare incontro a seri problemi dovuti agli ingenti tagli. Ad essere a rischio è soprattutto il sistema di sicurezza interno: la mancanza di personale ha ridotto i controlli, con il risultato che i post dai contenuti d’odio si sono moltiplicati. Ma la situazione è destinata ad aggravarsi e intanto su Twitter sono a migliaia i post accompagnati dall’hashtag funebre #RIPTwitter, “Riposa in pace Twitter”, tanto che anche lo stesso Musk ha sentito il bisogno di rispondere. “Abbiamo appena raggiunto un altro massimo storico nell’uso di Twitter”, ha scritto ironicamente, pubblicando anche un meme che richiama i post delle ultime ore.
La tensione tra i lavoratori è diventata palpabile fin dai primi giorni dell’insediamento di Musk nel Consiglio di amministrazione della piattaforma: prima aveva ordinato a tutti di presentarsi in ufficio il giorno dopo, nonostante molti fossero da tempo in smart working, poi aveva fatto fuori i manager, inviando una serie di lettere di licenziamento, fino all’ultimatum. Il suo obiettivo è trasformare Twitter in una macchina da soldi completamente libera, ma a rimetterci sarà, inevitabilmente, il contenuto, con la proliferazione di informazioni e account falsi e miriadi di pubblicità. I licenziamenti di massa degli ultimi giorni arrivano poi a ridosso dell’inizio dei mondiali di calcio in Qatar, evento che storicamente riversa su Twitter migliaia di utenti e che, secondo alcuni, potrebbe rischiare di sovraccaricare un sistema già in difficoltà.