Nessuna volontà di abbandonare la nave, specie con il mare in tempesta degli ultimi giorni, ma, quello sì, una certa “impazienza” per il continuo tira e molla dentro il partito su data e regole del congresso. Enrico Letta non intende dimettersi però – confessa a chi ci ha parlato – non intende “fare da parafulmine” e certo non apprezza il fatto che “su questioni di lana caprina” si siano perse due settimane “utilissime di congresso costituente e partecipazione”. In mattinata il Nazareno è costretto a smentire alcune ricostruzioni stampa su un suo possibile passo indietro: “La notizia è del tutto infondata. In queste ore il segretario è completamente assorbito dall’impegno a presentare sabato, in Assemblea nazionale, una soluzione che superi le attuali complessità regolamentari e statutarie e consenta lo svolgimento con successo del congresso”, viene fatto filtrare.

Lo stato dell’arte, però, certifica che un accordo sul 19 febbraio come possibile punto di mediazione, tra chi vuole correre e fare le primarie e chi vuole approfondire e fare una costituente, non c’è. Da statuto l’assise dem dura circa quattro mesi e mezzo e servirà una norma transitoria (che va approvata dalla maggioranza dei componenti dell’assemblea) per accelerare il tutto. Non solo. Anche per aprire “porte e finestre” ai partiti alleati – da Art.1 a Demos – e alla società civile è necessaria una riscrittura delle regole. Dalla riunione di sabato – che si terrà nel Palazzetto delle Carte geografiche a Roma -, comunque, una data per le primarie uscirà e quella del 19 febbraio resta la soluzione di maggior equilibrio.