L’allarme in Polonia sembra essere rientrato dopo che uno dei missili caduti su Przewodow è stato identificato come un missile ucraino. Mosso, probabilmente, in difesa di un’offensiva russa. L’origine ucraina del corpo volante è stata acclarata anche dagli Usa e dalla Nato che, comunque, non assolvono l’azione russa, specie perché ha portato alla morte di due civili: “Ne è responsabile la Russia”. Per meglio comprendere cosa sta succedendo abbiamo contattato il generale di divisione in ausiliaria Marco Bertolini: già comandante del Comando operativo di vertice interforze e della Brigata Folgore.

Dovrebbe trattarsi di un S-300. È un missile terra-aria con raggio d’azione limitato, il che ci fa capire che non può arrivare dalle linee russe. Bisogna comunque vedere come, questa cosa, verrà utilizzata dalle parti. Ci sono state prese di posizione dai vari paesi e dalla Nato, addirittura si è parlato di un ricorso all’articolo 5 che però non si adattava alla fattispecie. Non si è trattato di un attacco diretto ma di quello che gli americani definiscono, seppur paradossale perché sono morte due persone, un danno collaterale.

Missile in Polonia: “Normale Zelensky dica non sia dell’Ucraina”

Zelensky, però, dice che il razzo non è ucraino. Si tratta di strategia militare, di mera comunicazione, o di ambedue le cose?

Nessuno lo ammetterà mai, nemmeno i russi. Sono due parti con interessi divergenti. Nelle comunicazioni che fanno entrambi non c’è mai da mettere la mano sul fuoco, è chiaro che ciò che viene detto ha sempre una finalità operativa. Dicono qualcosa ai loro cittadini non solo per informali, ma per ottenere un risultato. In guerra l’opinione pubblica partecipa attivamente, specie in quelle odierne. Stando alla pratica: un razzo di quel tipo non poteva arrivare in Ucraina dalle linee russe. L’obiettivo di Zelensky? Vuole instillare un dubbio all’interno della sua opinione pubblica. L’opinione pubblica è pregiudizialmente a favore di Zelensky e non c’è bisogno di dettagli logici o scientifici, sono sufficienti semplici comunicazioni, come in questo caso. Quel missile sarebbe dovuto esplodere in aria ma è esploso a terra, è stato un errore, questo è quanto.

Guerra in Ucraina: “Solo un negoziato può evitare escalation”

In apertura ha usato il termine escalation. A che punto siamo del conflitto?

Ci sono state diverse fasi. Nella prima le forze russe hanno fatto un’azione di pressione lungo tutti i confini ucraini, addirittura su Kiev, per ottenere un risultato politico: il cambio di regime da uno filo-occidentale ad uno filo-russo. Ma non ha funzionato, e si è passati ad una seconda fase nella quale si è rinunciato alla pressione su Kiev. Rimosse, quelle forze, sono state dirottate sul Donbass. La seconda fase potremmo chiamarla espansiva ed ha portato alla terza fase: la controffensiva ucraina. Gli ucraini hanno reagito a Kharkiv, un oblast tornato sotto il loro controllo. Con il ritiro russo da Kherson e la riconquista dell’Ucraina della riva est di questo oblast inizia la quarta fase, che potrebbe essere una fase di passaggio dei russi da una postura offensiva ad una difensiva. Grazie a questi due grossi risultati dell’Ucraina c’è la speranza di poter andare ad un negoziato di pace: se prima non gli conveniva, oggi si siederebbero al tavolo da vincenti. Ma le parole di Zelensky non sembrano andare in questa direzione.

Non si ravvedono, quindi, margini per un negoziato di pace?

A livello ucraino non ravvedo margini. I russi lo vorrebbero perché hanno solo da perdere nel portare avanti la guerra, una guerra che li dissanguerà. Hanno tutti contro, Nato in primis, e nel lungo periodo non ne uscirebbero bene. Mi sembra che anche l’America abbia cambiato atteggiamento e stia iniziando a parlare di un negoziato. Si sta arrivando ad un punto in cui il rischio di escalation potrebbe diventare incontrollato. Forse sono viziato da una speranza: ma penso che in molti, Usa compresi, si stanno convincendo della necessità di dover arrivare ad un negoziato. Ripeto: la Russia non può portare avanti questa guerra all’infinito. Intendiamoci però: per negoziato non bisogna intendere la resa della Russia.

E cosa?

Negoziato e resa sono termini inconciliabili. Il primo deve evitare che ci siano un vincitore ed un vinto. Possono esserci due vincitori o, al massimo, due vinti. Bisogna evitare quanto avvenuto nella Seconda guerra mondiale con la Germania smembrata e, quindi, la nascita della cortina di ferro. Bisogna evitare la nascita di una nuova cortina di ferro

C’è però uno scenario dove a perdere sarebbero tutti: quello nucleare. È un’ipotesi?

Credo non sia nell’interesse di nessuno. Detto questo: quando si innesca la marcia della guerra, si esce fuori dai confini della razionalità e del mero calcolo dei rischi. C’è anche una componente psicologica importante. Pensiamo alla Prima guerra mondiale che partì con una ostilità crescente che non sembrava possibile. Mi pare che l’opinione pubblica si stia abituando: un anno fa nessuno pensava ad una guerra in Europa, adesso addirittura c’è chi parla di bombe tattiche. Ciò che prima era incredibile ora viene considerato possibile e questo, penso, potrebbe valere anche in ottica nucleare. Il rischio viene sempre relativizzato. Mi sembra che parte dell’opinione pubblica non colga questo rischio, un rischio da evitare ad ogni costo. Bene supportare l’Ucraina ma attenzione: bisogna fare in modo che ambedue le parti si convincano che, senza negoziato, non ci sarà fine a questo conflitto.