Due madri, con un ricorso al Tribunale, hanno vinto: potranno essere identificate sulla carta d’identità elettronica entrambe come madri. Il 31 gennaio 2019 infatti un decreto dell’allora ministro degli Interni Matteo Salvini aveva imposto alle coppie omosessuali di identificarsi come “padre” e “madre”. Il tribunale di Roma, oltre ad accogliere il ricorso delle due donne, ha anche imposto di modificare il software che impedisce la trascrizione.

Monica Cirinnà: “Solo così si evita la discriminazione”

A darne notizia è Monica Cirinnà su Facebook in un lungo post in cui ha dichiarato: 

Il Tribunale di Roma ha finalmente riconosciuto quel che da anni ripetiamo: l’unica dicitura giuridicamente corretta da riportare sui documenti di identità delle e dei minori è quella di genitori. Solo così si evita la discriminazione e si riconosce che le famiglie nel nostro Paese sono plurali e diverse tra loro. 

Poi una una riflessione sul decreto Salvini:

Il decreto voluto da Matteo Salvini quando era Ministro dell’Interno – e, mi dispiace dirlo, mai modificato in seguito nonostante le tante sollecitazioni del Parlamento e le rassicurazioni fornite dai successivi Governi – è illegittimo e non deve essere applicato. 

Infine, l’ex senatrice ha ringraziato le associazioni Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford per essersi schierati fermamente verso questa direzione; in secondo luogo, sempre Cirinnà ha voluto mandare un messaggio al ministro Piantedosi:

Ringrazio Famiglie Arcobaleno e Rete Lenford che, con determinazione e competenza, hanno portato avanti questa battaglia: il cammino dei diritti prosegue grazie a loro. Il ministro Piantedosi ne prenda atto ed elimini una volta per tutte questa odiosa discriminazione, che colpisce prima di tutto le famiglie Arcobaleno.

Giudice boccia decreto Salvini, la sentenza

Come anticipato, la sentenza del giudice del Tribunale di Roma ha sancito una risposta netta al Decreto Salvini aprendo un’ulteriore “intepretazione” per i casi futuri. Nella sentenza del giudice si legge:

Qui si discute dell’esistenza (o no) di un diritto delle due donne giuridicamente riconosciute come genitrici della bambina (l’una per esserne anche madre naturale, l’altra per averla adottata) a vedersi identificate, nella carta d’identità della figlia, in modo conforme alla loro identità sessuale e di genere, o comunque in termini neutri; e del diritto della minore stessa ad una corretta rappresentazione della sua situazione familiare, come figlia (naturale e giuridica) di due donne, quindi di due madri, o comunque di due genitori.

Per concludere: 

Sull’esistenza di tali diritti, in capo alle ricorrenti, non può nutrirsi alcun serio dubbio.

Famiglie Arcobaleno: “Questa sentenza era scontata”

Per Alessia Crocini, presidente Famiglie Arcobaleno, si tratta di una sentenza scontata. E spiega:

Andare a scrivere sulle carte di identità qualcosa che non corrisponde alla realtà va contro ogni logica. Siamo dovuti andare in Tribunale a farci dire l’ovvio ma questo è un Paese che ci costringe a lottare contro le battaglie ideologiche di Salvini. Non ci aspettiamo molto dall’attuale ministro degli Interni, ma in un Paese normale una sentenza del genere dovrebbe portare a cambiare la norma. Noi ci appelliamo ai sindaci e alle sindache d’Italia affinché ci aiutino a smontare questa follia ideologica.