Così come accaduto per Giorgia Meloni anche Luis Inacio Lula Da Silva fa il suo esordio internazionale al Cop27, la conferenza dell’Onu sul clima che si concluderà venerdì 18 novembre. Lula, che sarà ufficialmente presidente del Brasile a partire dal 2023, è arrivato a Sharm el-Sheikh in occasione della Giornata mondiale della Biodiversità.

Lo ha fatto a bordo di un jet privato (non di sua proprietà ma a quanto pare di un suo amico) che ha suscitato più di qualche polemica nella stampa nazionale, prima di una lunga giornata di visite e incontri che si concluderà con il suo discorso alla Plenaria. Un ritorno in grande stile per un Paese che aveva disertato le 4 precedenti edizioni del Cop sotto l’egida di Jair Bolsonaro.

Cop27, Lula promuove il Brasile per il 2025

Tante le promesse fatte da Lula al Cop27, dalla lotta alla deforestazione all’istituzione di un Ministero che tuteli gli ecosistemi delle minoranze. E poi il fiore all’occhiello dell’intero Sudamerica, vale a dire l’Amazzonia, a cui è dedicato un intero padiglione nella kermesse egiziana. La sua strategia sull’ambiente pare essere improntata a preservare la biodiversità. In tal senso va interpretata la lettera inviata ai governatori degli stati amazzonici per comunicare loro che il Brasile si candida ufficialmente a ospitare il Cop30 nel 2025.

Intanto, a pochi giorni dalla conclusione dei lavori, c’è ancora molta distanza da colmare prima di stendere un comunicato finale con i provvedimenti intrapresi. In ballo c’è il Fondo “Loss&Damage”, al cui interno sono contenuti i ristori per sovvenzionare la ricostruzione dei danni causati dal cambiamento climatico.

Tra i suoi promotori principali ci sono i Paesi in via di sviluppo, capitanati dalla Cina, che chiedono l’istituzione del Fondo e la nomina di una Commissione per definire il suo funzionamento alla prossima Cop28 a Dubai (novembre 2023). Dall’altra parte chi sostiene che sia il caso di procedere a interventi mirati alimentando i Fondi già esistenti: è questa la posizione dell’Occidente. Insomma, di passi in avanti se ne vedono pochi rispetto a Glasgow con molti governi che spingono per lo slittamento degli obiettivi prefissati a causa della crisi energetica dovuta alla guerra in Ucraina.