Riforma pensioni governo Meloni. Nelle prossime settimane dovrà arrivare almeno l’ossatura principale di quella che diventerà la Legge di Bilancio 2023. Tra i dossier principali anche quello delle pensioni.
Riforma pensioni governo Meloni
Tra i canali di uscita anticipata farà la sua comparsa quello con 62 anni d’età e 41 di contributi. Una sorta di Quota 103 in un nuovo formato che da gennaio prenderà il posto dell’attuale Quota 102 con cui è possibile accedere al pensionamento avendo maturato 64 anni d’età e 38 di contribuzione. Non ci saranno gli incentivi per rinviare i pensionamenti che erano stati ipotizzati alla fine di ottobre 2022. Saranno invece confermate Opzione donna e Ape sociale e resteranno percorribili tutte le altre vie d’uscita “ordinarie”, previste già da tempo. Per quanto riguarda invece le pensioni di vecchiaia, la soglia di riferimento resta quella dei 67 anni con almeno 20 anni di contribuzione, Alcune categorie di lavoratori impegnati in mansioni particolarmente rischiose possono accedere al pensionamento, se in possesso di 30 anni di versamenti, a 66 anni e 7 mesi.
La versione di Durigon
“A gennaio non si tornerà pienamente alla legge Fornero”. E’ quanto afferma Claudio Durigon, sottosegretario leghista al Lavoro. “Avremo una Quota 41 con 61 o 62 anni per il solo 2023, come misura ponte verso la riforma organica che faremo il prossimo anno. Spenderemo meno di 1 miliardo per agevolare 40-50 mila lavoratori. Pensavamo anche a un bonus per chi resta a lavorare, ma la prudenza di bilancio ci induce a rinunciare”. In manovra, spiega il leghista, “metteremo una formula che evita lo scalone di gennaio per un gruppo di lavoratori. Quota 41 ci sarà e questo è importante: la stiamo studiando nei dettagli con la ministra del Lavoro Marina Calderone e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti”.
Il problema delle risorse
L’ intervento sulle pensioni è comunque nei piani dell’Esecutivo per evitare che dal 1 gennaio 2023 si torni alla legge Fornero in versione integrale. Quota 41 sarebbe ritenuta un possibile punto di partenza, in attesa di una revisione complessiva del sistema pensionistico. A pesare però sui conti del Paese, frutto anche del progressivo inverno demografico, il combinato tra la maggiore inflazione e l’indicizzazione che avranno un impatto di oltre 50 miliardi sulla spesa pensionistica al 2025.
la riforma previdenziale, cosiddetta quota 41, è un bluff galattico. consente di andare in pensione a una platea ridottissima di lavoratori, consentendo il pensionamento a pochi eletti di 62 o 61 anni e lasciando al lavoro ancora per tre anni 64 e 65 enni, che non hanno raggiunto i 38 anni di contribuzione anche solo per pochi giorni o settimane.
la solita pataccata all’italiana: quota 41=Fornero