Da gennaio a dicembre 2023 l’attuale quota 102 (64 anni di età e 38 di contributi) sarà sostituita da una quota 103 (62 anni d’età e 41 anni di contributi). Il confronto all’interno della maggioranza prima del Cdm che varerà la manovra, e successivamente in Parlamento, sarà lo spazio entro il quale il Carroccio tenterà di far scendere da 62 a 61 anni il limite anagrafico da associare ai 41 anni di contributi per il 2023, tornando a quota 102 ma rivedendo l’equilibrio tra i due requisiti. Tale manovra avrà un costo pari a un miliardo di euro. La novità è stata annunciata dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon:

A gennaio, ha detto:

Non si tornerà pienamente alla legge Fornero. 

Ecco tutte le altre novità in arrivo in tema pensioni 2023.

Pensioni 2023, rinnovo opzioni donna e ape sociale

Secondo quanto emerge, è probabile che il governo rinnovi opzioni donna – che nel 2022 ha interessato le lavoratrici con 58 anni di età, o 59 se autonome, e 35 anni di contributi – e ape sociale, lo strumento che consente l’uscita con 63 anni di età e 30 di contributi per alcune categorie di lavoratori, come gli invalidi, i disoccupati, i caregiver.

Lavoratori precoci e mansioni usuranti: i requisiti

Per il 2023 si potrà continuare ad andare in pensione con 41 anni di versamenti, indipendentemente dall’età, se si è lavoratori ‘precoci’, cioè con 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età e specifici requisiti simili a quelli necessari per l’accesso all’ape sociale. Saranno poi confermati per il 2023 l’uscita per i lavoratori che hanno svolto mansioni usuranti (anche notturne) per almeno 7 anni negli ultimi 10 anni di servizio, o per almeno la metà della vita lavorativa complessiva. Gli ‘usuranti’ quindi potranno accedere alla pensione con un’anzianità contributiva minima di 35 anni, un’età minima pari a 61 anni e 7 mesi ed il quorum della quota 97,6.