Al via oggi la prima udienza del processo Saviano contro Meloni: lo scrittore dovrà difendersi dall’accusa di diffamazione per aver definito la neopremier Giorgia Meloni una “bast**da”. Per il pm Pietro Pollidori ci sono pochi dubbi e Saviano rischierebbe fino a tre anni di carcere; ma per altri è ancora tutto da dimostrare e l’espressione usata dallo scrittore potrebbe rientrare nel diritto di critica.

Processo Saviano contro Meloni, al via oggi: come ci si è arrivati

Come ha fatto Roberto Saviano a finire in un’aula di tribunale contro la Meloni? Bisognare fare un passo indietro. Durante una puntata di Piazzapulita andata in onda su La7 nel dicembre 2020, lo scrittore napoletano aveva definito la leader di Fratelli d’Italia, ora premier, una “bast**da”. L’invettiva di Saviano era stata pronunciata nello studio televisivo all’interno di una discussione sul tema dei migranti e sulla relativa gestione politica dei porti italiani. In quei giorni si parlava, infatti, del caso del bambino di sei mesi, originario della Guinea, annegato nel Mediterraneo: il neonato era su una nave insieme ad altri 111 migranti, salvati da un’imbarcazione dell’Ong Open Arms ma, nonostante il salvataggio, non era riuscito a raggiungere le coste di Malta, dove avrebbe dovuto ricevere le cure mediche essenziali a tenerlo in vita.

Una tragedia che aveva avuto un enorme risalto mediatico dopo che il quotidiano Avvenire aveva diffuso un video in cui si mostrava la mamma del bambino piangere e urlare: “Dov’è il mio bambino? Ho perso il mio bambino”. Nel corso della puntata, in cui si era tornati sull’argomento, Saviano aveva assunto toni critici, affermando: “Vi sarà tornato alla mente tutto il ciarpame detto sulle Ong: ‘taxi del mare’, ‘crociere’… viene solo da dire bast**di. Meloni, Salvini, bast**di, come avete potuto? Come è stato possibile, tutto questo dolore descriverlo così? È legittimo avere un’opinione politica ma non sull’emergenza”. Parole che gli sono costate una querela da parte della neopremier ma che, a distanza di due anni, lo scittore non sembrerebbe rimangiarsi. Qualche settimana fa, in una lunga intervista rilasciata a La Stampa, aveva ribadito che tornerebbe a riferirsi a Meloni e Salvini nello stesso modo. “Rivendico la mia indignazione e il mio più profondo disprezzo verso chi, di fronte a un naufragio, non dice che le vite umane vengono prima di ogni strumentalizzazione o percorso politico più o meno severo, inflessibile, feroce, da Papeete o da pacchia finita”, aveva aggiunto.

Ora Saviano sarà chiamato a rispondere delle sue affermazioni direttamente in aula, dove per alcuni è già spacciato, rischiando fino a tre anni di carcere per diffamazione, mentre per altri potrebbe salvarsi puntando sul diritto di critica. Sempre su La Stampa è comparso un appello di Burhan Sonmez, presidente della Pen International, associazione mondiale degli scrittori dedita alla difesa della libertà di espressione che, rivolgendosi direttamente alla Meloni, le ha chiesto di ritirare la querela, parlando di “una tendenza preoccupante in Italia, dove giornalisti e scrittori lavorano consapevoli di poter essere denunciati e incarcerati per quello che dicono o per quello che scrivono”. Saviano ha rilanciato l’appello. Un anno fa il gup di Roma aveva disposto il rinvio a giudizio dello scrittore; è grande attesa, ora, per la prima udienza, in cui la linea difensiva sembrerebbe già poter essere riassunta con la parola “resistere”, la stessa che, qualche mese fa, lo scrittore aveva accompagnato ad un post in cui scriveva: “Leggo il mio nome in tendenza su Twitter perché gli elettori di Meloni mi ‘invitano’ a lasciare il Paese. Questi sono avvertimenti e questa è l’Italia che ci aspetta. Stanno già stilando una prima lista nera di nemici della patria, alla faccia di chi diceva che il fascismo è un’altra cosa”.