Continuano le operazioni nel Lazio. Dopo le elezioni politiche ci sono le regionali nel mirino dei partiti: in Lombardia dove si va, in attesa che il Pd indichi un candidato, verso il duello Fontana-Moratti; nel Lazio dove lo shangai è ancor più ingarbugliato. Nella regione laziale si attende l’ufficialità delle dimissioni di Nicola Zingaretti: neo eletto alla Camera dei Deputati, l’attuale governatore deve lasciare il suo ruolo. Cosa che avverrà già questa settimana. Da quel momento partirà la corsa del centrosinistra per la successione al decennio di Zingaretti. Ma non mancano i nodi da sciogliere.

Il primo riguarda il campo: quanto è largo e chi ingloba? Il Lazio è stato un esperimento virtuoso, e riuscito, di campo largo. Lì, infatti, hanno governato tutti insieme il Pd, il M5s ed addirittura il Terzo Polo. Ma la continuità è fortemente in dubbio. Il primo fra tutti a palesare una voglia di distaccamento è Giuseppe Conte. Il partito pentastellato ha trovato nuova linfa, quindi vigore elettorale, dall’allontanamento dal Pd. Più liberi dal gioco dem, più autonomi nel dettare un’agenda identitaria, il Movimento ha collezionato un buon risultato elettorale. E lo ha fatto in quello che sembrava essere il suo peggior momento di sempre. Ecco che allora la via della corsa solitaria potrebbe essere perseguita anche nel Lazio. È proprio Conte ad averlo fatto intendere:

Il Movimento lancia la sua proposta e si appella a tutte le forze non solo politiche ma anche civiche della società civile affinché ci sia la possibilità di costruire insieme un progetto autenticamente progressista con una linea di azione molto forte. Con questi vertici del Pd abbiamo difficoltà a sederci allo stesso tavolo, sono andati avanti sul termovalorizzatore anche a rischio di spaccare la maggioranza. Hanno puntato il dito contro di noi. Il Pd si sta sbracciando chiedendoci generosità. Non esiste se significa annacquare un progetto politico serio per il Lazio.

M5s, Conte ha pronta l'"Opa" sul Pd: il retroscena

Ondivago anche il Terzo Polo che sembra disposto ad essere della partita, anche con il Pd, ma solo a patto di poter decidere il candidato. Un candidato che non sarebbe nemmeno troppo lontano dal mondo dem. È Alessio D’Amato, Assessore alla Sanità uscente, il preferito di Calenda e Renzi. Proprio oggi, D’Amato, dovrebbe annunciare la sua candidatura. Nome che non soddisfa pienamente il Partito Democratico, sempre più intenzionato a voler optare la carta della continuità e candidare, quindi, quello che è stato il Vice di Zingaretti. Daniele Leodori. C’è poi la terza via. Ed è una via che raccoglie tutte quelle esperienze civiche, ed in generale extra partitiche, che tanto hanno dato al Lazio in questi anni. Una voce modulata da Marta Bonafoni, capogruppo uscente della lista civica Zingaretti, che si candida ad essere l’outsider a sorpresa. Molti movimenti civici del Lazio, da Roma alle pronvicie, sembrano pronti a sostenerla. D’Amato, Leodori, Bonafoni. Sono questi i nomi più probabili per il campo (semi)largo.

Primarie Lazio: ora si può

La difficoltà di arrivare ad una sintesi potrebbe riportare in auge l’ipotesi primarie. Attenzionata in prima battuta, poi accantonata, questa possibilità potrebbe essere perseguita per avviare un percorso democratico volto a sciogliere la matassa. Il Pd non ha motivo di pressare la mano ed insistere sul candidato, farlo vorrebbe dire perdere anche il sostegno del Terzo Polo. Un’ulteriore spaccatura, dopo quella del 5s, potrebbe prematuramente consegnare la vittoria al centrodestra. Occhio allora alle primarie: uno strumento che consegnerebbe, alla democrazia del processo interno, la scelta del futuro candidato presidente nel Lazio del centrosinistra.