Prosegue la letteratura scientifica in materia covid-19: l’ultimo studio, pubblicato congiuntamente dal Children’s Hospital di Philadelphia e dall’Università della Pennsylvania, sostiene che le donne in gravidanza che hanno ricevuto la somministrazione di un vaccino mRna (Pfizer o Moderna nel caso dell’Italia) siano 10 volte più protette rispetto alle donne in gravidanza guarita dopo essere state contagiate dal virus.

Il risultato della ricerca è stato pubblicato su Jama, un network open source dove vengono resi pubblici studi analoghi a questo. Non solo, ma anche il bambino una volta nato avrà una protezione paragonabile rispetto ai neonati la cui madre non si è vaccinata.

Lo studio arriva a dieci giorni di distanza dal richiamo dell’Ema affinché Pfizer e Moderna specifichino nelle avvertenze relative agli effetti collaterali anche i sintomi legati alle mestruazioni abbondanti.

Vaccino covid in gravidanza, i dettagli della ricerca

Il tema della vaccino anti-covid in gravidanza è spesso stato discusso, ma questo studio americano dimostra come mettersi al riparo dal contagio sia una strategia vincente non solo per la madre ma anche per il nascituro. Il motivo è legato alla velocità di trasferimento degli anticorpi al feto, di norma già a partire dai 15 giorni dalla dose somministrata.

Scendendo nel dettaglio della ricerca, il periodo di tempo preso in considerazione va dall’agosto 2020 ad aprile 2021: siamo tra la prima e la seconda ondata covid-19. In totale sono 585 le mamme incinte che hanno sviluppato anticorpi contro il covid-19 e che sono poi stati rilevati anche nel sangue del cordone ombelicale. 169 di esse risultavano vaccinate, 408 guarite ma non protette dal siero. Le concentrazioni di anticorpi nei feti sono state riscontrate quasi all’unanimità: per la precisione 557 volte, quasi il 95% del campione prescelto.

Ha richiesto invece un maggior approfondimento scientifica il dato riguardante il “rapporto di trasferimento”, vale a dire la velocità con cui gli anticorpi vengono assorbiti dal cordone ombelicale: ebbene, con iniziale sorpresa il valore era leggermente superiore nel campione di madri guarite senza vaccino rispetto a quelle vaccinate. Il parametro, soggetto a diversi fattori pregressi come età e quadro clinico generale, ha dimostrato secondo il parere degli scienziati quanto fosse importante essere rapidi nel sottoporsi alla vaccinazione in gravidanza.

Le dichiarazioni dei protagonisti: “Importante pianificare il vaccino sulla base della data del parto”

Dopo la presentazione del lavoro di ricerca vediamo ora le principali dichiarazioni fornite dai diretti interessati.

Dustin Flannery, neonatologo e capo della ricerca al Children’s Hospital, ha affermato che “la vaccinazione anti-covid non solo fornisce una valida protezione alle mamme durante il periodo di gravidanza, ma garantisce anche concentrazioni maggiori di anticorpi ai bimbi, così più protetti rispetto all’infezione da Sars-CoV-2″,. La protezione del bambino rappresenta il principale motivo per cui “le donne incinte dovrebbero dare priorità alla vaccinazione”.

La collega neonatologa Karen Puopolo, anch’essa capofila nella ricerca, sottolinea che “lo studio evidenzia come il tempo trascorso dall’infezione o dalla vaccinazione al parto è stato il fattore più importante nell’efficienza del trasferimento anticorpale”. Ciò significa che “le pazienti in attesa di un bebé dovrebbero pianificare la vaccinazione con ampio anticipo sulla data prevista del parto, in modo che i loro bambini possano beneficiare di una solida risposta immunitaria”.