Nuova udienza oggi, al tribunale di Pescara, per la tragedia di Rigopiano a Farindola, che nel 2017 costò la vita a 29 persone, travolte da una valanga sulle falde del Gran Sasso all’interno di un resort. Saranno tre le udienze che cercheranno di ricostruire le dinamiche dell’incidente, accertando le relative responsabilità. 30 gli imputati: 29 persone fisiche e una società.
Tragedia di Rigopiano, al via oggi le tre udienze consecutive
Si è tenuta oggi la prima delle tre udienze consecutive che accenderanno di nuovo i riflettori sulla tragedia di Rigopiano. Dopo un robusto appello delle parti interessate, si torna quindi in aula in seguito alla lunga sospensione del processo a causa dello sciopero dei legali, in protesta per la chiusura del tribunale di Avezzano: al centro, la superperizia elaborata dagli esperti del Politecnico di Milano relativa alle cause della tragedia, tesa a verificare l’eventuale sussistenza di un nesso di causalità tra le scosse di terremoto che si registrarono quel giorno e la valanga che colpì il resort di Farindola, oltre che la risposta dei soccorsi. I reati vanno da disastri colposi, omicidio e lesioni colpose ad abuso d’ufficio e falso ideologico: 30 gli imputati, 29 persone fisiche e una società. La speranza delle famiglie delle vittime, riunite in un Comitato, è che la fase dibattimentale possa concludersi entro la fine dell’anno.
Dalla tragedia, nel frattempo, sono passati quasi sei anni. È il 18 gennaio 2017 quando a Rigopiano, nel comune di Farindola, a Pescara, una valanga di neve e detriti di grandi proporzioni si distacca dalle pendici sovrastanti il massiccio orientale del Gran Sasso, tra il Vado di Siella e il Monte Siella, incanalandosi nella Grava di Valle Bruciata fino a raggiungere il resort di Rigopiano – situato là dove un tempo sorgeva un antico rifugio di montagna gestito dal CAI – travolgendolo, tanto da spostarlo una decina di metri verso valle rispetto alla sua posizione originaria. L’allarme scatta nel pomeriggio, ma le vie che portano all’albergo sono bloccate dalla neve e la marcia di avvicinamento verso la zona del disastro, per i soccorsi, risulta estremamente difficile, anche perché le condizioni metereologiche avverse impediscono l’uso di elicotteri.
Sono le quattro del mattino quando alcuni soccorritori della Guardia di Finanza e del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico raggiungono il resort – dopo essersi distaccati dalla colonna dei mezzi di soccorso che proseguiva con la turbina spazzaneve -; ma sono solo undici, di quaranta, le persone recuperate vive: gli ultimi superstiti vengono estratti ben 58 ore dopo la caduta della valanga. La magistratura apre subito un’inchiesta sull’accaduto per accertare eventuali responsabilità circa l’idoneità della struttura portante dell’albergo, il luogo di costruzione dell’edificio rispetto al rischio di valanghe e il presunto ritardo dei soccorsi che, benché chiamati nel pomeriggio da un’operaio manutentore e un ospite della struttura, che si trovavano fuori al momento della strage, si attivano solo in serata.
L’albergo, tra l’altro, era già stato al centro di un’inchiesta per presunto reato di occupazione abusiva di suolo nel 2007, dopo l’introduzione di un centro benessere, ma alla fine gli indagati erano stati assolti, nel 2016, perché “il fatto non sussiste”. Un anno dopo, la strage. Indagini successive dimostreranno che la struttura sorgeva con molta probabilità sui detriti di una precedente valanga che aveva interessato l’area. Ma nessuno ha ancora pagato per l’incidente. “Lottiamo per dare giustizia ai nostri angeli e far sì che mai più si ripeta quello che è successo a Rigopiano”, avevano dichiarato i promotori del comitato costituito dalle famiglie delle vittime in occasione del quinto anniversario dalla strage. Ora saranno le prossime udienze davanti al Gup di Pescara a decidere le sorti degli imputati.