Siamo sempre alle solite. Dopo Calenda anche Conte ricomincia a suon di diktat e ultimatum al Pd. “Ma così non se ne esce” spiega una fonte dem di primo livello con buona pace di Goffredo Bettini che ancora insiste nell’errore di legare mani e piedi del Pd all’amico grillino. Manco fosse Romano Prodi. Così Giuseppe Conte ha vita facile nel tenere il Pd sulla corda con i suoi “stop and go” e i suoi zig zag: il punto non è “campo largo o campo stretto”, ma vedere se c’è una base di partenza su cui costruire un’alleanza in vista delle prossime elezioni regionali. E quindi non è arrivata una chiusura a priori al Partito democratico. Ma nemmeno un’apertura. È la politica delle chiacchiere allo stato puro. L’ex presidente del Consiglio, intervenuto in conferenza stampa in particolare per la Regione Lazio, ha dichiarato infatti che il Movimento 5 Stelle intende “mettere sul tavolo una proposta politica forte e ambiziosa su sanità, salute, lavoro e ambiente, seria e che possa entusiasmare”. Ma non si sa quando. 

Il presidente del M5S non ha nascosto insofferenza all’indirizzo del Partito democratico, ma ha lasciato aperta la porta all’ipotesi di un accordo. Fissando comunque dei paletti: “Non portiamo rancore, lo dico al Pd, che ci chiede un atto di generosità”. Conte ha sottolineato che un eventuale percorso condiviso ha due condizioni imprescindibili: chiarezza sui programmi e rispetto delle priorità grilline. “Chi c’è è benvenuto, purché si comporti con lealtà e correttezza”, ha aggiunto. Sarà però importante delineare il perimetro della potenziale alleanza. Su questo punto l’avvocato ha messo le mani avanti: “Si vince se si ha un progetto serio e si è coerenti, sennò non si va da nessuna parte. Si può essere cento, un’ammucchiata clamorosa, ma non si va da nessuna parte”. E ha confermato che non c’è alcuna volontà di provare a ricucire con il Terzo Polo di Carlo Calenda e di Matteo Renzi: “Si affidano alla logica dell’insulto e alla volontà di distruggerci”.

Un esempio pratico sui contenuti è quello di tenere fuori dal programma la costruzione di nuovi inceneritori. Conte non ha rinunciato a una serie di stoccate verso il partito di Enrico Letta, ribadendo che con gli attuali vertici “abbiamo difficoltà a sederci allo stesso tavolo”. E in tal senso ha rivangato i dissidi scoppiati nel corso dell’ultima campagna elettorale: “Quando i sondaggi ci davano al 6 o 7%, il Pd ne ha approfittato per darci il colpo di grazia, per metterci alla gogna ed emarginarci come appestati”. Insomma ancora una volta Giuseppe Conte ha detto tutto e il contrario di tutto. Perfetto per Giorgia Meloni e Matteo Salvini che così continueranno a vincere. E per Conte, al quale conviene tenere la destra il più possibile al governo per crescere ancora nei consensi giocando a fare il “Melenchon de noantri” e che dopo l’ennesima batosta dem alle regionali potrà, tra qualche mese, partire alla loro conquista senza troppi problemi. E diventare finalmente il punto di riferimento dei progressisti italiani. Per la gioia anche dei suoi non pochi spasimanti all’interno del Pd.