Parte dal Centro di Immuno-Oncologia dell’ospedale Santa Maria alle Scotte, il primo studio al mondo, il NIBIT-ML1, che combina immunoterapia e farmaci epigenetici per la cura del cancro. Si tratta di un trial clinico sviluppato da Fondazione NIBIT con il contributo della Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, per testare l’efficacia e la sicurezza della nuova combinazione nei pazienti con melanoma o tumore al polmone che non rispondono alla classica immunoterapia.
Nuova cura contro il cancro che sfrutta gli epigenetici: al via uno studio italiano
L’obiettivo della cura è quello di utilizzare i farmaci epigenetici per rendere i tumori più visibili da parte del sistema immunitario, migliorando la risposta dell’organismo e quindi rendendo l’immunoterapia più efficace. Pioniere di questa strategia è il gruppo guidato dall’oncologo Michele Maio, che ha iniziato nella giornata di ieri la prima somministrazione, al primo paziente, del primo trattamento che combina due immunoterapie (ipilimumab e nivolumab, già disponibili) con un nuovo farmaco orale epigenetico (ASTX727). Lo studio si chiama NIBIT-ML1, è sostenuto da Fondazione Airc e sarà svolto dall’Istituto di Siena in collaborazione con altri 5 centri di ricerca italiani: INT Milano, IST Genova, Università di Firenze, Napoli e Sassari. Riguarderà, in particolare, i pazienti con melanoma o tumore al polmone che non rispondono all’immunoterapia.
I farmaci immunoterapici hanno rivoluziato, nell’ultimo decennio, il trattamento di molti tumori. “Alcune neoplasie che in passato non lasciavano alcuna speranza – ha spiegato il professor Maio – oggi possono essere affrontate con maggiore successo. Melanoma, tumore del polmone e tumore del rene sono solo alcuni esempi. Ma nonostante i grandi progressi compiuti, rimane ancora una quota consistente, circa il 50% dei pazienti, che non risponde efficacemente a questi trattamenti (i cosiddetti non-responder, ndr)”. La ricerca punta quindi ad aumentare il numero di persone che possano beneficiarne; una delle strategie utilizzate riguarda l’uso dei farmaci epigenetici, che sono in grado di apportare delle modifiche chimiche al Dna e modulare l’espressione dei geni, rendendo la malattia più visibile al sistema immunitario.
Lo studio coinvolgerà oltre 100 pazienti ed è il frutto di una lunga storia di ricerca. Negli ultimi anni la Fondazione ha infatti identificato in vitro ed in vivo, in modelli animali, il ruolo immunomodulante dei farmaci epigenetici, generando il razionale scientifico per arrivare ad utilizzarli nell‘uomo in combinazione con i principali farmaci immunoterapici. Come ha spiegato Anna Maria Di Giacomo, professore associato di Oncologia Medica presso l’Università di Siena, responsabile del programma di sperimentazioni cliniche di Fase I e II del Cio e coordinatrice dello studio, “la novità di questo approccio è la somministrazione di un farmaco epigenetico -ASTX727- capace di determinare modificazioni nel DNA delle cellule tumorali per poterne modularne l’espressione genica. Le modifiche generate dal questo farmaco fanno sì che le cellule tumorali esprimano, sulla loro superficie, molecole che hanno un ruolo fondamentale nell’interazione tra tumore e sistema immunitario. Così facendo, come già dimostrato in precedenti studi ad opera della Fondazione NIBIT, il tumore risulta maggiormente visibile alle cellule di difesa immunitaria. In questo modo si creano le condizioni ottimali per fare in modo che gli immunoterapici possano avere maggiore efficacia”.
“Lo studio clinico in partenza è reso possibile anche grazie all’importante ruolo di ricerca svolto delle associazioni no-profit – ha sottolineato Maio -. Come Fondazione NIBIT negli anni scorsi abbiamo dato vita al primo studio al mondo di combinazione tra un farmaco epigenetico (della classe dei demetilanti del DNA) ed ipilimumab nel melanoma. Il trial NIBIT-M4 di fase Ib ha portato nel 2019 alla pubblicazione di un importante lavoro su Clinical Cancer Research. Quanto ottenuto in termini di evidenze cliniche e traslazionali generate sulle biopsie dei tumori dei pazienti trattati – ha concluso – ha posto le basi per lo studio NIBIT-ML1″.