Anche da Sharm el-Sheikh, dove è in corso il Cop27 sul clima, la guerra in Ucraina rimane topic assai centrale durante i discorsi dei vari leader. Sono diverse le dichiarazione con riferimenti diretti tra il conflitto e i suoi impatti sul raggiungimento degli obiettivi legati al cambiamento climatico.

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Partendo dal fronte bellico arrivano parole incoraggianti da Yuriy Ihnat, portavoce dell’Aeronautica militare ucraina: secondo il suo parere, i sistemi di difesa aerea forniti dai partner occidentali “ci aiuteranno ad affrontare la nuova minaccia dei missili balistici che l’Iran ha fornito segretamente alla Russia”. L’obiettivo andrebbe dunque a modificarsi, andando ad abbattere i missili direttamente alla base di partenza, cioè in territorio russo. Il motivo è presto detto e risponde alla difficoltà di intercettare la lunga gittata di centinaia di chilometri dei missili iraniani.

In giornata ha parlato anche Mykhaylo Podolyak, braccio destro dell’ufficio presidenziale di Volodymyr Zelensky. Mai banale nelle sue dichiarazioni, ha precisato che l’Ucraina “non si è mai rifiutata di negoziare”: una risposta alle provocazioni avanzate dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, e ai timori di un cambiamento di prospettiva legata alle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti (su cui aleggia il fantasma di possibili intromissioni di Mosca, come dichiarato da un importante uomo d’affare vicino a Putin). Le condizioni avanzate dall’Ucraina sono nette: prima il ritiro delle truppe russe dal territorio nazionale e poi si può ipotizzare di sedersi a un tavolo delle trattative. Risale a un mese fa una legge di Kiev che vieta i negoziati con la figura di Vladimir Putin.

In ogni caso, parole di conforto in merito al sostegno all’Ucraina sono arrivate dal presidente francese Macron e dal portavoce dell’ufficio del primo ministro inglese Sunak. Tuttavia, i repubblicani americani promettono un maggior rigore sull’invio di armi a Kiev in caso di vittoria al voto di domani.