È successo a Torino: un uomo si è ammalato di tumore a causa del cellulare, vincendo una causa contro l’Inail, che dovrà ora riconoscergli una rendita professionale di invalidità mensile. L’uomo, che ora è in pensione, ha usato il telefono per lavorare almeno due ore e mezza, tutti i giorni, per 13 anni, sviluppando un neurinoma acustico, un cancro benigno che colpisce il nervo dell’orecchio.
Sviluppa un tumore a causa del cellulare, lavoratore in pensione risarcito dall’Inail
La sentenza arrivata lo scorso 2 novembre riguarda la vicenda di un ex tecnico specializzato dell’Acciai Speciali Cogne, un 63enne residente ad Aosta che si è rivolto allo studio legale torinese Ambrosio e Commodo dopo che l’Inail aveva rigettato la sua istanza di indennizzo per aver sviluppato un neuroma acustico, un tumore benigno che colpisce l’orecchio, a causa dell’uso prolungato del telefono cellulare sul luogo di lavoro: circa due ore e mezza, tutti i giorni, per 13 anni. Gli avvocati Stefano Bertone, Chiara Gribaudo e Jacopo Giunta sono riusciti a dimostrare il nesso di causalità tra le due cose, ottenendo un doppio verdetto positivo, prima quello del tribunale di Aosta e ora quello della Corte d’Appello, che ha condannato l’Inail al pagamento mensile di una rendita professionale di invalidità all’uomo.
Già due anni fa la Corte d’Appello di Torino si era pronunciata in favore di Roberto Romeo, ex dipendente di Telecom Italia, riconoscendogli un risarcimento per la prolungata esposizione alle frequenze emesse dal telefonino, che lo aveva portato a sviluppare un tumore all’orecchio. Anche l’ultima sentenza va nello stesso senso. Come riportato da Repubblica, gli avvocati avevano già dimostrato il nesso tra tumore e cellulare, tanto che nel 2020 l’Inail era stata condannata a pagare una rendita per malattia professionale di circa 350 euro al mese all’uomo. Ma l’ente di previdenza aveva deciso di impugnare la decisione, chiedendo una nuova consulenza tecnica.
La Corte d’Appello torinese aveva così chiesto una perizia al professor Roberto Albera, ordinario di otorinolaringoiatria dell’Università di Torino, che aveva confermato l’elevata probabilità tra l’esposizione alle radiofrequenze e la malattia riscontrata dal paziente. Il 63enne aveva utilizzato il cellulare sempre dall’orecchio sinistro, perché il destro era già stato lesionato a causa di un trauma pregresso, per un totale di circa 10-13 mila ore, dal 1995 al 2008. Operato per il tumore ha riportato la totale sordità da quell’orecchio e anche un danno al nervo facciale con conseguente paresi da quel lato del viso e uno stato di depressione. “Nel corso della causa è stato anche affrontato l’argomento del conflitto di interessi e della qualità degli studi che si fronteggiano sulla correlazione tra tumore e cellulare – hanno spiegato ancora gli avvocati a Repubblica -. Gli studi che supportano la scarsa correlazione tra le due cose fanno capo allo studio Interphone, che è stato criticato in quanto considera anche modeste esposizioni alle radiofrequenze da telefono portatile e vi sono dubbi su un possibile conflitto d’interesse degli autori con le ditte produttrici”.
È quasi certo, quindi, non essendoci altre possibili cause del problema, che in questo caso a provocare la malattia sia stata proprio la prolungata esposizione alle radiofrequenze emesse dal cellulare: un fattore di rischio lavorativo a tutti gli effetti per il pensionato, che ha quindi vinto la causa.