Proseguono le tensioni sull’asse Usa-Cina, dopo che Washington ha “condannato” la visita a Pechino del cancelliere tedesco Olaf Scholz: il punto di rottura è ormai concentrato intorno alla minaccia nucleare con la Difesa americana che si è detta “preoccupata” per la velocità con cui il Dragone sta investendo nella progettazione e realizzazione delle armi atomiche.
Parole dell’ammiraglio Charles Richard durante un Consiglio straordinario del Comando Strategico, l’organo che sovrintende al programma di armi nucleari degli Stati Uniti. Il diktat impone di trovare delle soluzioni “a breve termine”. La riunione, avvenuta ieri e riportata dalla Cnn, ha il sapore di un vero e proprio schiaffo morale. Nella nota si legge che “non importa quanto sia buono il nostro piano operativo o quanto siano bravi i nostri comandanti, o quanto siano buone le nostre forze, non ne avremo abbastanza”: parole durissime pronunciate da Richard e che creano le prime crepe ai piani alti della Difesa.
Tensioni Usa-Cina, quali prospettive di dialogo alla vigilia del G20
Per la precisione, Richard ha aperto il suo discorso al Simposio annuale della Naval Submarine League in maniera molto netta con l’espressione “la nave sta lentamente affondando”. Preambolo di una distanza tra Usa e Cina sul nucleare che comincia a farsi significativa. Il dualismo con Pechino è stato riconosciuto dallo stesso ammiraglio, il quale ha ammesso che “la Cina è l’unico competitor con l’intento e la capacità di sfidare sistematicamente gli Stati Uniti su tutta la linea: militarmente, economicamente, tecnologicamente, diplomaticamente”.
Affermazioni di una certa rilevanza a pochi giorni dal G20 in Indonesia, in cui è probabile si tenga il primo incontro dal vivo tra il presidente americano Joe Biden e Xi Jinping. Tuttavia il filo della diplomazia risulta particolarmente incrinato a causa dell’escalation di sgarbi e provocazioni reciproche mal digerite dalla controparte. Gli Stati Uniti continuano ad attuare la politica rigida economica sui dazi, poi c’è lo scottante dossier Taiwan che rappresenta la principali irritazione di Pechino. Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi contesta sia l’embargo che l’atteggiamento di Washington su una questione giudicata di rilevanza nazionale.