Che cos’è l’ergastolo ostativo? Si tratta di una specifica tipologia di pena detentiva, che oltre ad essere perpetua, rispetto all’ergastolo “semplice” impedisce alla persona condannata di accedere a misure alternative e altri benefici. Se ne è discusso molto negli ultimi giorni, da quando il Governo Meloni – che sta già facendo parlare di sé per il decreto sui rave – ha approvato un provvedimento che conferma questo regime, previsto dall’articolo 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario. Ma sarà la Corte Costituzionale a pronunciarsi sulla questione, il prossimo 8 novembre.
Che cos’è l’ergastolo ostativo e qual è l’orientamento del Governo Meloni sulla misura
L’ergastolo ostativo è una misura di detenzione particolarmente dura, che prevede l’impossibilità, per la persona condannata, di accedere a misure alternative (come la libertà condizionale, il lavoro all’esterno del carcere, i permessi premio e la semilibertà), anche in caso di buona condotta o altri meriti, a differenza dell’ergastolo “semplice”. Per questi motivi, si tratta di una pena generalmente comminata soltanto in caso di delitti particolarmente gravi, come quello di associazione mafiosa. La norma fu introdotta, non a caso, nel periodo delle stragi della mafia, nelle quali persero la vita anche i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, con l’obiettivo di dare un segnale chiaro di “certezza della pena” ai criminali, nella sperenza che potesse fungere da deterrente. I “pentiti”, cioè i collaboratori di giustizia, hanno infatti la possibilità di essere esentati da questa pena particolarmente estrema.
Chi critica l’ergastolo ostativo mette tuttavia in evidenza come esso appaia in costrasto con il principio, previsto dal nostro ordinamento, secondo il quale la funzione del carcere non deve essere unicamente punitiva, ma anche riabilitativa. Ciò significa che il carcere, almeno in linea teorica, dovrebbe rieducare le persone condannate, permettendo loro di tornare da persone libere nella società. Sulla questione è già intervenuta la Corte Costituzionale, interpellata nel 2021 da un giudice ordinario, che ha sollevato un dubbio di costituzionalità della norma, che in effetti è stata giudicata in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione. Il primo indica, infatti, che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge”; il secondo dispone che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Perché, allora, si è tornati a parlarne? Sempre nell’aprile 2021, la Corte Costituzionale aveva deciso di concedere un anno di tempo al Parlamento per approvare una nuova legge, che fosse il linea con le norme costituzionali. La scorsa legislatura, tuttavia, non è riuscita ad operare in questo senso: un progetto di riforma è stato approvato nel mese di febbraio 2022 alla Camera, non ottenendo però il via libera dal Senato. Il rischio temuto dal Governo Meloni era che la Corte Costituzionale, che aveva già in programma di riunirsi il prossimo 8 novembre, intervenisse con una sentenza di inconstituzionalità immediata, proprio a causa della mancata azione di ratifica da parte del Parlamento, permettendo a tutte le persone attualmente condannate all’ergastolo ostativo di accedere ai benefici di legge. Secondo quanto riferito dal Garante Nazionale delle persone private della libertà, si tratterebbe del 70 per cento circa degli ergastolani. Ecco perché la decisione di presentare un decreto legge, vista la situazione di necessità ed urgenza, che dovrà essere convertito in legge entro due mesi, a patto che, come sarà accertato tra qualche giorno dalla Corte, il testo soddisfi i requisiti di costituzionalità.