Sepoltura feti abortiti nei cimiteri di Roma: le croci non riporteranno più i nomi delle donne, ma esclusivamente il codice alfanumerico associato ad un protocollo. È la svolta approvata dall’Assemblea Capitolina nella giornata di ieri per tutelare la privacy di coloro che decidono di ricorrere all’aborto. La discussione era nata già nel 2020, dopo la denuncia di una donna, Marta, che aveva notato la presenza del suo nome su una croce nell’area dedicata ai feti del cimitero Flaminio. La campagna mediatica scatenata dall’evento ha portato il Campidoglio alla modifica del Regolamento di polizia cimiteriale in materia di inumazioni di feti, nati morti e prodotti abortivi, datato 1979.

Sepoltura feti abortiti Roma: cambiano le regole. Via i nomi delle donne dalle tombe

Solo nel cimitero Flaminio, a Roma, sono a centinaia le croci spoglie, spesso in legno grezzo, che riportano, con una scritta fatta col pennarello, il nome di una donna e un numero di registro. Si tratta di una delle grandi distese in cui vengono seppelliti i feti abortiti. A denunciarne l’esistenza era stata, qualche anno fa, Marta, che aveva pubblicato su Facebook uno scatto della croce con il suo nome, denunciando la violazione della sua privacy. Ma è quanto previsto dal Regolamento di polizia cimiteriale, datato 1979, che stabilisce che i feti morti tra il quinto e il settimo mese debbano essere seppelliti – salvo diverse disposizioni – proprio come fossero normali defunti.

Una legge datata, che fa addirittura capo al regio decreto del 1939 (articolo 74), nel quale si legge che “per la sepoltura dei prodotti abortivi di presunta età di gestazione dalle 20 alle 28 settimane complete e dei feti che abbiano presumibilmente compiuto 28 settimane di età intrauterina e che all’ufficiale di stato civile non siano stati dichiarati come nati morti, i permessi di trasporto e di seppellimento sono rilasciati dall’unità sanitaria locale”. Lo stesso però specifica che “i parenti o chi per essi sono tenuti a presentare, entro 24 ore dall’espulsione od estrazione del feto, domanda di seppellimento alla unità sanitaria locale, accompagnata da certificato medico che indichi la presunta età di gestazione ed il peso del feto”. 

Ma, per prassi, il seppellimento viene svolto ugualmente, anche senza che siano i genitori a farne domanda. Si legge anche in una nota di Palazzo Senatorio: Ad oggi, l’inumazione di prodotti abortivi -20/28 settimane- e dei feti -più di 28 settimane- è automatica e viene disposta nelle medesime aree dove vengono sepolti i bambini nati morti. I prodotti del concepimento – sotto le 20 settimane – vengono invece inceneriti d’ufficio”. Ora l’Assemblea Capitolina ha approvato una revisione del regolamento, modificando, in particolare, gli articoli 4 e 28: la donna o gli eventuali aventi diritto avranno così la possibilità di optare per l’inumazione o la cremazione dei prodotti del concepimento, dei prodotti abortivi e dei feti.

Ma non solo. Con l’approvazione delle nuove regole, spariranno anche le croci, sostituite da un cippo funerario con un codice alfanumerico associato al numero di protocollo della richiesta, senza i nomi delle donne che hanno abortito e con la possibilità, per chi lo richieda, di apporre sul cippo un nome anche di fantasia, un vezzeggiativo, un simbolo o una data. È stato inoltre disposto che l’elenco dei protocolli sarà custodito, d’ora in avanti, nel cimitero e che il suo accesso sarà consentito esclusivamente alla donna, che non viene più chiamata “madre”, ma “donna interessata”, o gli aventi diritto nel caso di decesso della donna.

“Oggi si è chiusa una fase fondamentale per i diritti delle donne – ha commentato l’assessore alle Pari Opportunità di Roma Capitale, Monica Lucarelli, per la tutela della loro privacy e del rispetto delle loro scelte […]. Oggi Roma ha aggiunto un tassello fondamentale nel mosaico della civiltà e dei diritti“. Le ha fatto eco l’assessore all’Ambiente Alfonsi, da cui dipendono i servizi cimiteriali: “Con l’approvazione di questa proposta viene modificato un Regolamento ormai datato, così come oggi risulta obsoleto il quadro legislativo nazionale di riferimento. Una battaglia di civiltà, che abbiamo portato avanti in difesa del diritto di scelta delle donne che interrompono la gravidanza di dare sepoltura o richiedere l’incenerimento dei prodotti abortivi o dei feti, con la più ampia possibilità di decidere e in totale riservatezza”.