Donna sopravvive a 12 tumori diversi, di cui 5 maligni. Un gruppo di scienziati internazionali studia il caso anomalo e fa delle scoperte senza precedenti per quanto riguarda la ricerca in tema di prevenzione e cura del cancro.

Una donna spagnola di soli 36 anni ha dovuto affrontare nella sua breve vita ben 12 tumori, diagnosticati in momenti diversi ed in varie parti del corpo.

Donna sopravvive a 12 tumori, il caso eccezionale è stato studiato da un team di ricerca internazionale: ecco che cosa hanno scoperto per il futuro

Donna sopravvive a 12 tumori diversi, di cui cinque maligni, tutti causati da un mix di mutazioni genetiche ereditarie che fino a questo momento venivano considerate dai medici e dai ricercatori come incompatibili con la vita.

Il caso eccezionale riguarda una donna spagnola di 36 anni ed è stato studiato da un team di ricerca internazionale guidato da scienziati spagnoli della Divisione cellulare e gruppo sul cancro del Centro nazionale spagnolo di ricerca sul cancro (CNIO) di Madrid.

Questi scienziati hanno collaborato, in particolare, con la Familiar Cancer Clinical Unit, con l’Unità Citogenetica del Laboratorio sul cancro ereditario – Ospedale universitario Doce de Octubre, con il Koch Institute del Massachussets Institute of Technology (MIT) e con altri istituti ancora.

Il gruppo di ricercatori in questione, coordinati dai dottori Carolina Villarroya-Beltri, Sandra Rodriguez-Perales, Marco Malumbres e Miguel Urioste, hanno studiato i campioni che sono stati prelevati dalla 36enne e con delle analisi genetiche approfondite hanno fatto delle scoperte senza precedenti riguardo il cancro e i tumori in generale.

La donna spagnola di 36 anni, infatti, è sopravvissuta a ben 12 tumori diversi, di cui cinque maligni, e lo studio di questi potrebbe portare alla scoperta di nuove tecniche di diagnosi precoce e di nuove terapie per risvegliare il sistema immunitario contro il cancro.

La straordinarietà del caso in questione è stata ribadita direttamente da uno degli autori di questo studio scientifico, ovvero Miguel Urioste:

“Da un punto di vista accademico non possiamo parlare di una nuova malattia perché siamo di fronte alla descrizione di un singolo caso, ma da un punto di vista biologico lo è”.

Un altro ricercatore che ha analizzato il caso, Marcos Malumbres, spiega che “la continua produzione di cellule alterate abbia generato nella paziente una risposta di difesa cronica contro queste cellule, che alla fine ha aiutato i tumori a sparire”.

La scoperta che il sistema immunitario è in grado di scatenare una difesa contro le cellule con un numero alterato di cromosomi “è uno degli aspetti più importanti di questo studio, che potrebbe aprire nuove opzioni terapeutiche per il futuro”.

Inoltre, il biologo e coordinatore del Centro nazionale di ricerca oncologica (CNIO) ammette di non essere riuscito a capire come la donna sia riuscita a sopravvivere con tutte le malattie che ha dovuto affrontare:

Ancora non riusciamo a capire come questa persona possa essersi sviluppata durante la fase embrionale, né come sia riuscita a superare tutte le sue malattie”.

Secondo il ricercatore inoltre, la costante produzione di cellule malate a causa dell’alterazione genetica ha innescato una “risposta difensiva cronica” da parte del sistema immunitario, che tende a colpire ed eliminare rapidamente tutti i nuovi tumori emergenti.

“Pensiamo che potenziare la risposta immunitaria di altri pazienti li aiuterebbe ad arrestare lo sviluppo tumorale”.

La professoressa Villarroya-Beltri ha spiegato che per studiare la paziente e i suoi famigliari il loro team ha fatto affidamento su una tecnica chiamata “analisi unicellulare”, la quale consente di ottenere informazioni estremamente preziose confrontando migliaia di singole cellule tra di loro.

“Analizzando migliaia di queste cellule separatamente, una per una, possiamo studiare cosa sta succedendo a ciascuna specifica cellula e quali sono le conseguenze di questi cambiamenti nel paziente.

L’analisi dell’RNA unicellulare ha identificato lo stress mitocondriale accompagnato da infiammazione sistemica con interferone potenziato e segnalazione di NFκB sia nelle cellule aneuploidi che euploidi, suggerendo una risposta autonoma non cellulare”.

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