L’OMS ha comunicato come i focolai di colera siano in pericoloso aumento nel Libano.

È stato il ministero della Salute libanese a chiedere aiuto all’organizzazione mondiale della sanità per la difficile situazione sanitaria in cui riversa il paese.

Il primo caso confermato di decesso per l’infezione del batterio che causa il colera è datato 5 Ottobre 2022: da allora sono stati però segnalati oltre 1400 casi sospetti, di cui 381 confermati attraverso analisi in laboratorio e 17 persone morte. Inevitabilmente i numeri nei prossimi giorni sono destinati ad aumentare.

Inizialmente l’emergenza epidemica era stata ristretta ai soli distretti settentrionali. Evidentemente però le regole per il confinamento non sono state efficaci e, ad oggi, si registrano casi confermati in tutti gli otto governatorati del paese e in 18 dei 26 distretti. Anche nella capitale Beirut si sono manifestati episodi di contagio. Il principale focolaio resta la città settentrionale di Bebnine, nel quale è stato allestito un ospedale di emergenza.

Il ceppo di colera attualmente in circolazione è il sierotipo Vibrio Cholerae O1 El-Tor Ogawa, una variante simile a quello presente in Siria. La malattia si diffonde rapidamente attraverso il consumo di acqua o cibo infetti.

Il dottor Abdinasir Abubakar, rappresentante dell’Oms in Libano, ha sottolineato la pericolosità dell’epidemia, spiegando che con semplici regole si potrebbe ridurre la percentuale di diffusione dell’infezione.

“Il colera è mortale, ma si può anche prevenire attraverso l’uso dei vaccini e disponendo di adeguate misure sanitarie e acqua potabile. E i casi più gravi si possono trattare con facilità con una tempestiva reidratazione orale o antibiotici. Tuttavia, la situazione in Libano resta fragile poiché il Paese sta già lottando per combattere altre crisi, aggravate dal prolungato deterioramento politico ed economico”.

Il Libano infatti sta al momento vivendo un periodo di durissima crisi economica, peggiorata dall’instabilità della guida politica. La malattia sembrava essere stata debellata nel 1993, ma dopo ben quasi 30 anni dall’ultimo caso, il peggioramento delle condizioni sanitarie nel paese hanno fatto tornare il batterio letale.

Libano focolai colera: l’attività dell’OMS

Per cercare di rallentare l’evoluzione dell’epidemia di colera, l’OMS e i partner umanitari hanno supportato il ministero della sanità libanese nello sviluppo di un piano nazionale, finalizzato a pianificare gli interventi più urgenti.

In questo stato del Vicino Oriente però è evidente la carenza di personale sanitario e di forniture mediche adeguate. L’OMS ha perciò fornito ai due presidi sanitari di riferimento farmaci per il trattamento del colera, kit terapeutici e test diagnostici rapidi e ha messo a disposizione diversi infermieri e medici negli ospedali delle zone più colpite.

Per limitare l’ulteriore diffusione della malattia, l’arma più efficace resta il vaccino. L’obiettivo è di reperire almeno le 600 mila dosi necessarie per le categorie più a rischio, come gli operatori sanitari, le persone con condizioni mediche pregresse e tutte le persone costrette a vivere in luoghi affollati come i detenuti e i rifugiati.

Anche il ministro della Sanità libanese Firass Abiad ha infatti confermato l’indispensabilità del vaccino e del ruolo essenziale che ricopre nel limitare la diffusione dei contagi.

Come confermato dall’ambasciatrice francese in Libano, Anne Grillo, il Paese ha già ottenuto una prima fornitura di 13 mila dosi.

Si dovranno inoltre analizzare le origini di questa pandemia, che sta assumendo i contorni di un allarme globale. Infatti se nel Libano la ricomparsa del colera è da associarsi ai recenti casi avvenuti in Siria, la diffusione potrebbe avere origini ancora più lontane, con il batterio killer che pare abbia viaggiato dall’Afghanistan attraversando Iran e Iraq.

Ma oltre alla fornitura dei medicinali adatti al contrasto della malattia, dovranno essere prese importanti misure di sicurezza sanitaria, perché l’infezione può sempre ripresentarsi finché le condizioni igieniche di gran parte della popolazione saranno precarie.