La notizia che la comunità internazionale attendeva con impazienza arriva per bocca di Recep Erdogan, il presidente della Turchia: “La Russia tornerà a far parte dell’accordo di Istanbul sul grano“. Versione poi confermata anche dal Ministero della Difesa russo.

Una separazione momentanea che tuttavia ha causato diversi disagi e ha riacceso la tensione tra i due blocchi, con Ue e Nato che gridavano alla minaccia alimentare da parte di Vladimir Putin.

Accordo sul grano, Mosca si dichiara “sufficientemente rassicurata”

L’accordo sul grano, firmato a fine giugno da Russia, Turchia, Ucraina e Nato, riprende dunque le sue funzioni almeno in apparenza. Per capire se qualcosa (e cosa) sia cambiato bisognerà attendere gli sviluppi di una vicenda che ha rimesso al centro del dibattito politico il ruolo ritorsivo degli asset di Mosca. Per il momento è confermato il ripristino del traffico marittimo in uscita dai porti ucraini nella giornata di domani. Sull’asse diplomatica Kiev-Istanbul-Mosca è previsto un colloquio nelle prossime ore tra Erdogan e Zelensky.

Rispetto ad altre volte, in cui Erdogan aveva diffuso messaggi diversi rispetto alle successive azioni della Russia, in questa occasione la “soffiata” viene confermata direttamente dal Ministero della Difesa russo tramite un comunicato ufficiale. In breve, Mosca sostiene di aver ricevuto le necessarie garanzie da parte dell’Ucraina affinché Kiev “non utilizzi il corridoio umanitario, creato per l’esportazione di prodotti agricoli, per lo svolgimento di attività militari contro la Federazione Russa“. Giudicate “sufficienti”, tali condizioni consentono il ripristino degli accordi dopo i bombardamenti che hanno colpito nei giorni scorsi la città di Sebastopoli in Crimea.

In precedenza, fonti turche riportano la news di una telefonata tra Erdogan e Putin, durata circa due ore, in cui il leader di Ankara ha fatto nuovamente pressione affinché la Russia abbandoni definitivamente l’operazione speciale per passare ai negoziati. Naturalmente, il ripristino sarebbe totale e riconsegnerebbe all’Ucraina le quattro repubbliche recentemente annesse alla Federazione Russa.