Mancano ormai pochi giorni alla Cop 27 2022, in programma dal 6 al 18 novembre in Egitto, ma Greta Thunberg ha già annunciato che quest’anno non ci sarà. La Conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico, organizzata annualmente per prendere decisioni sul tema, per lei è solo “ambientalismo di facciata”, quello che in gergo viene chiamato greenwashing.
Cop 27 2022: cos’è e perché Greta Thunberg ha deciso di non prendervi parte
Quello che l’Egitto si prepara ad ospitare è uno degli eventi più importanti organizzati annualmente sul cambiamento climatico. Bisogna partire dalla sigla: Cop sta per “Conference of Parties” e indica, quindi, la riunione dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (i cosiddetti Accordi di Rio) per la riduzione delle emissioni di gas serra, alla base del riscaldamento globale. A partecipare all’incontro di quest’anno, in programma dal 6 al 18 novembre a Sharm El-Sheikh, in Egitto, saranno oltre 200 Nazioni. Un’occasione per discutere sulle misure necessarie a fronteggiare la crisi climatica, ancor più in questo periodo, in cui il mondo, già provato dalla pandemia, ha dovuto scontrarsi con il conflitto russo-ucraino, che ha provocato delle inevitabili conseguenze sul settore energetico, oltre che alimentare.
Dopo aver preso parte alla Cop 24 in Polonia, alla Cop 25 in Cile e all’ultima, la Cop 26, in Scozia, la celebre attivista per il clima Greta Thunberg ha annunciato che non parteciperà alla Cop 27: è la sua prima volta nei suoi quattro anni da paladina per l’ambiente. Il primo motivo sembrerebbe essere l’esclusione dalla conferenza di numerose Ong per i diritti umani, che non potranno così dare il loro contributo alla discussione sulla crisi climatica, che è diventata anche sociale. “Non andrò alla Cop 27 per molte ragioni – ha dichiarato l’attivista svedese nel corso della presentazione del suo nuovo libro, The Climate Book, a Londra-, soprattutto perché lo spazio per la società civile quest’anno è estremamente limitato”.
Il riferimento è anche al Paese ospitante, l’Egitto, per via del suo scarso rispetto dei diritti umani, oltre che per le restrizioni imposte dal Governo in materia di libertà di espressione, associazione e riunione: Thunberg è, non a caso, tra coloro che hanno firmato una petizione per chiedere la liberazione dei prigionieri politici egiziani, tra i quali anche l’attivista per la democrazia e informatico Alaa Abd el-Fattah, che da più di 200 giorni sta attuando lo sciopero della fame mentre è detenuto. “La crisi climatica non riguarda il Pianeta. Il Pianeta soppraviverà a tutti noi – ha commentato la sorella dell’uomo qualche giorno fa -. La crisi climatica riguarda la vita sul Pianeta. E la vita in Egitto, ora, è molto pericolosa”. È in sostanza lo stesso punto di vista di coloro che si stanno opponendo alla conferenza, come Greta Thunberg, mettendo in luce che l’impegno al contrasto della crisi climatica passa per il rispetto dei diritti umani e il convolgimento della società civile.
Secondo Thunberg la maggior parte dei partecipanti non vorrebbe poi davvero cambiare le cose, mettendo in atto – attraverso la partecipazione alla Conferenza – un ambientalismo che è solo di facciata: “Le conferenze internazionali sul clima – ha spiegato – sono usate dalle persone al potere come opportunità per ottenere attenzione con tanti diversi tipi di greenwashing“. Si tratta di un’espressione usata per indicare le iniziative di chi tenti di promuoversi come attento all’impatto ambientale nelle proprie attività o nei propri gesti, senza affrontare davvero la questione. Un comportamento che secondo l’attivista sarebbe sempre più osservabile nelle conferenze sul clima in generale, “che non stanno davvero funzionando”.