C’è una nuova grana per il nuovo governo, ossia i contratti navigator. Il centrodestra, durante tutta la campagna elettorale, aveva più volte dichiarato che nel caso avessero vinto le prossime elezioni, una delle prime mosse che avrebbero attuato sarebbe stata la cancellazione del tanto criticato reddito di cittadinanza. Arrivati a questo, quindi, in molti si aspettavano che dalle parole si passasse alla pratica, ma la premier Giorgia Meloni e tutta la squadra non avevano fatto i conti con i possibili intoppi di percorso.
Perchè i contratti navigator sono diventati un problema
Le prime regioni ha scrivere al nuovo Ministro del Lavoro, Marina Calderone, sono state il Molise e la Basilicata, comunicando appunto la decisione di prorogare il contratti navigatori in scadenza il 31 ottobre. A queste due si è aggiunta la Sicilia di Renato Schifani, con rinnovi almeno fino al 31 dicembre. Lo scorso 28 ottobre, inoltre, la Ministra del Lavoro, Anita Pisarro, aveva scritto a tutte le regioni che ancora impiegavano i navigator nei loro centri per l’impiego per sapere cosa intendessero fare. “Una ricognizione per conoscere l’orientamento delle Regioni, non una richiesta della ministra né un invito a confermare i navigator“, hanno tenuto a precisare dallo stesso ministero. Nota che, però, sembrerebbe non essere piaciuta al governo.
Per questo motivo il ministero ha poi rilasciato un ulteriore nota, nella quale dichiarava che qualsiasi proroga non poteva essere attuata.
“I contratti dei navigator scaduti il 31 ottobre non sono prorogabili. Eventuali utleriori utilizzi degli ex navigator richiederebbero l’approvazione di una apposita norma, non allo studio del ministero”.
Dei 3 mila iniziali, ne sono rimasti 946. Assunti dopo un concorso nazionale come “assistenti tecnici” degli addetti ai centri per gli impiego per seguire i beneficiari del Reddito di cittadinanza, i navigator sono diventati nel tempo il caprio espiatorio di una misura che ha fallito nella parte delle politiche attive, cioè dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Non spettava a loro trovare un posto ai percettori del sussidio, ma sono loro che hanno pagato il prezzo più alto.
A fine aprile era scaduto il loro contratto di cococo. In 1.618 sono stati ricontrattualizzati da Anpal servizi per altri due mesi dal primo giugno al 31 luglio, come previsto dal Dl Aiuti. Le Regioni potevano prorogarli per altri tre mesi, fino al 31 ottobre, ma a carico delle risorse assegnate alle Regioni per rinnovare i centri per l’impiego. Cinque Regioni (Lombardia, Veneto, Campania, Piemonte e Umbria) hanno detto no e in 538 sono tornati a casa. Le altre hanno scelto la proroga fino al 31 ottobre. Ora tre di loro (Mosile, Basilicata e Sicilia appunto) vogliono andare oltre, fino a fine anno, perché non hanno ancora completato i concorsi per assumere nuovi addetti ai centri per l’impiego. E l’hanno comunicato al ministero del Lavoro.