In tutte le librerie dal prossimo 4 novembre, il libro di Bruno Vespa “La grande tempesta. Mussolini, la guerra civile. Putin, il ricatto nucleare. La Nazione di Giorgia Meloni“ racconta una serie di retroscena sulle ultime elezioni politiche: tra queste anche i motivi alla base del dissidio tra Carlo Calenda (Azione) ed Emma Bonino (+Europa).

Accuse pesanti da parte dell’attuale leader del Terzo Polo, il quale accusa il partito socialdemocratico di aver ricevuto sovvenzioni da George Soros, uno dei più importanti finanziatori politici a livello internazionale, pari a un milione e mezzo di euro per costruire “un listone antifascista”.

Caso Soros, la replica di +Europa a Calenda

Riavvolgendo il nastro, a fine luglio Azione e +Europa presentano il Patto Elettorale che di fatto contiene l’agenda da presentare al futuro governo: Carlo Calenda dispensa sorrise e scherza sull’assenza di Matteo Renzi alla convention. A distanza di 10 giorni, tuttavia, la situazione cambia radicalmente e sancisce la rottura interno con lo storico alleato e l’uscita dalla coalizione guidata dal Pd.

Calenda cita la fonte di tale rivelazione, ossia il segretario di +Europa Benedetto Della Vedova. Ma non è finita qui, poiché il diretto interessato ha replicato proprio qualche pagina seguente, il quale sostiene che se cose così fosse stato “i fondi sarebbero già stati pubblicati e rendicontati”. La versione di Della Vedova, che successivamente ha rinfacciato a Calenda di aver fatto la guerra a Emma Bonino candidandosi nello stesso collegio di Roma ed estromettendola dal Parlamento, è che “alcuni candidati di +Europa“, i quali “hanno ricevuto un contributo diretto da parte di George Soros per le spese della campagna elettorale“.

Infine, il segretario di +Europa riconosce che “Soros da tempo condivide e sostiene i nostri valori europeisti e le nostre battaglie per i diritti umani e lo Stato di diritto“. Scorrendo le pagine della politica italiana, il legame tra Emma Bonino e George Soros risale ai primi anni Duemila: già nel 2004 ci fu un primo versamento per le Europee, poi ripetuto nel 2006. Denaro che, assicurano fonti vicine al partito, è sempre stato restituito in un secondo momento.