Come si festeggia il giorno dei morti in Messico? Noto come “Dia de los muertos”, si tratta di una festività molto sentita dai messicani, che in genere la celebrano tra il 28 ottobre e il 2 novembre per commemorare i cari defunti, a seconda del modo in cui sono venuti a mancare. Si parte ad ottobre con il ricordo dei morti per incidenti, cause violente o annegamento e delle anime solitarie o dimenticate; poi è la volta dei mai nati e dei morti prima del battesimo, fino ad arrivare ai primi di novembre, quando si festeggia, come vuole la leggenda, il ritorno dei defunti sulla Terra. È una festa che poco ha a che vedere con Halloween, al di là dei colori, e recentemente rappresentata nel film Disney “Coco” in cui Miguel Rivera, un dodicenne messicano aspirante musicista, intraprende un viaggio alla scoperta dei propri antenati, svelando i misteri nascosti dietro i racconti e le tradizioni della sua famiglia.

Come si festeggia il giorno dei morti in Messico?

Le celebrazioni legate al Dia de los muertos in Messico hanno origini molto antiche, pare precolombiane: per gli Aztechi, i Maya e gli altri popoli della Mesoamerica, infatti, la morte era considerato un evento naturale della vita e come tale veniva festeggiato, soprattutto in occasione del 2 novembre, quando, si diceva, i defunti erano soliti tornare sulla Terra per far visita ai propri cari. Ecco perché, ancora oggi, i messicani allestiscono, in occasione del Dia de los muertos, un altare dedicato ai defunti nella propria casa, a rappresentare una sorta di continuum tra la vita e la morte, una porta che faciliti il loro passaggio, permettendogli di tornare a casa ed essere accolti.

Le regole per allestire questi altari sono molto precise: immancabili le foto dei defunti, senza le quali essi non potrebbero raggiungere i vivi (una sorta di modo per richiamare la loro anima), ma anche i colori giallo e viola, simbolo di vita e di morte. Poi ci sono i piatti preferiti dei defunti, il tipico pan de muertos, un dolce a forma di teschio cosparso di zucchero, candele, acqua per dissetarli, e il sale, simbolo di protezione. Non manca, poi, la Calavera Catrina – uno scheletro di donna vestito di un solo cappello, creato in origine dall’illustratore Josè Guadalupe Posada e che oggi è diventata una vera e propria icona della festività -, ma anche i fiori, coloratissimi e profumati, per permettere ai morti di seguire la loro scia e arrivare a casa.

Durante i festeggiamenti, adulti e bambini si mascherano, ballano e sfilano, celebrando la vita, di cui la morte è solo un passaggio, che non va temuto, ma accettato. Ecco perché il Giorno dei morti in Messico si differenzia da Halloween, che assume spesso tonalità macabre, ma anche dal nostro Giorno dei morti, che ha atmosfere più cupe ed intimistiche. È una festa gioiosa, che celebra lo stare insieme, e che non a caso è diventata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco per essere una delle più antiche espressioni culturali che, celebrando gli antenati, afferma l’identità di un popolo e le sue origini, mostrando la morte da un punto di vista nuovo, a cui senz’altro non siamo abituati. Una festa che gioisce della vita, ricordando la morte: perché, se la morte è solo un rito di passaggio, non bisogna dimenticarsi di essere destinati a morire e quindi l’esistenza va vissuta appieno. Questo è il significato più profondo della festività.