Quota 41 per tutti dal 2023. I primi interventi del Governo Meloni in tema di pensioni mirano certamente ad un’uscita flessibile anticipata, ma anche all’introduzione di un tetto d’età per Quota 41.
Quota 41 per tutti dal 2023
Quota 41 per tutti significa ridurre il requisito contributivo per accedere alla pensione a prescindere dall’età anagrafica. Un’ipotesi che al momento continua a portare avanti solo la Lega, convinta di poter reperire risorse cancellando il reddito di cittadinanza. Anche Salvini tuttavia è consapevole che dovrà mediare con gli altri partiti di maggioranza, in particolare con Fratelli d’Italia che lavora ad un nuovo anticipo tra 61 e 63 anni di età e 40-41 anni di contributi (con bonus per chi lavora oltre i 63 anni). L’Esecutivo vuole infatti disinnescare lo “scalone” della Legge Fornero a partire da gennaio, offrendo uno stipendio più alto a chi decide di restare al lavoro.
Quota 103
La Lega invece pensa ad una quota 41 magari da 61-62 anni: proposta su cui lavorano i tecnici del partito che ipotizzano di recuperare risorse – ha spiegato il leader Matteo Salvini – attraverso una revisione del reddito di cittadinanza, mettendo “un periodo di pausa”. 41 anni di contributi per tutti, come prevede la norma originaria. Ma con legato un limite di età per limitare la platea di chi realmente ne potrà beneficiare. Questa l’ultima idea sul tavolo del governo. E Salvini afferma che “Abbiamo simulato l’avvio di Quota 41 con 61 o 62 anni d’età, senza penalizzazioni”. Nel dettaglio, l’età minima per poter andare in pensione con quota 41 potrebbe essere 62 anni, diventando così una sorta di quota 103. In questo modo il costo della misura verrebbe ridotto.
Quota 102 flessibile
Tra le altre opzioni, Quota 102 flessibile prevede il pensionamento tra i 61 e i 66 anni, con almeno 35 anni di contributi, purché la somma faccia comunque 102. Per questo si parla di un quota 102 ‘flessibile’. Finora, con quota 102, si andava in pensione solo con 64 anni più 38 di contributi, nella nuova versione sarebbe possibile anche con tutte le combinazioni fra 61 e 66 anni di età e fra 35 e 41 anni di contributi. Sarebbe una soluzione in grado di garantire una soluzione, di scongiurare il ritorno alla legge Fornero e di non compromettere l’equilibrio dei conti pubblici.
Opzione uomo
Un’altra possibilità, citata dalla premier Meloni, prevede una stabilizzazione di Opzione donna, da aprire anche agli uomini sempre con il ricalcolo contributivo dell’assegno che riduce in media gli assegni del 20-25%. in particolare Opzione uomo avrebbe una soglia di età più alta (fra i 60 e i 62 anni). Contraria pero sia la CGIL di Landini che non apprezza la riduzione dell’assegno e anche il Presidente dell’INPS Tridico che ricorda che opzione donna viene scelta da una bassa percentuale delle donne che potrebbero richiederla, ma ha anche ricordato che è la sola via, vista la spesa di 365 miliardi nel solo 2021.