91 condanne per oltre 600 anni di carcere, 10 assoluzione e sequestro di beni per un valore di circa 4 milioni di euro: questo l’esito del processo per la mafia del Nebrodi, contro il clan dei pascoli.

Le indagini avevano nel mirino le truffe ai fondi comunitari per pascoli e agricoltura, combattute dal protocollo Antoci, ideato dallo stesso Giuseppe Antoci che, dopo essere sfuggito a un attentato, ieri era presente in aula per la sentenza.

La camera di consiglio era iniziata lunedì scorso e ha discusso la sorte di 101 imputati per cui in totale erano stati chiesti oltre mille anni di carcere.

All’uscita del tribunale questo il commento del presidente Parco dei Nebrodi, Domenico Barbuzza.

Il desiderio ora è di veder riconosciuto questo territorio come fucina di operosità’ e collaborazione con l’Ente, guida del comprensorio: la ripartenza che vogliamo vede al primo posto la tutela dei valori naturali dell’area protetta. 

Antoci: “Abbiamo semplicemente applicato la legge”

Antoci, ex presidente del parco Nebrodi e promotore del protocollo contro la mafia del Nebrodi, era scampato ad un attentato grazie alla macchina blindata e all’intervento della scorta.

Rimato sempre vicino alla questione ha così commentato la sentenza.

Da questa esperienza esce la risposta di un territorio che ha fatto il proprio dovere, abbiamo fatto semplicemente quello che andava fatto e che da tanti anni non veniva fatto. Abbiamo superato il silenzio e tentato di far capire che i fondi europei per l’agricoltura dovevamo andare alle persone per bene e non ai mafiosi, ai delinquenti, ai capimafia. Questa esperienza dimostra che da un piccolo territorio nasce un protocollo di legalità che viene firmato da tutti i prefetti della Sicilia che diventa legge dello Stato nel 2017 che la Commissione Europea considera tra gli strumenti più importanti di lotta alla mafia sui fondi europei per l’agricoltura”. Se questo è stato fatto con dignità e onestà con piccoli passi da persone che hanno ritenuto di poter fare il loro dovere, penso che il segnale che passi è che tutti lo possono fare perché se ognuno fa il proprio dovere avremo sempre meno processi”. 

Sentenza per la mafia dei Nebrodi, una vittoria a metà

Questa l’opinione del procuratore Vito de Giorgio dopo la lettura.

Le truffe sono state riconosciute per buona parte. Resta il fatto che su quella parte di territorio della provincia di Messina le truffe hanno costituito la principale fonte di arricchimento sia del gruppo mafioso dei Batanesi sia del gruppo dei Bontempo Scavo, ma teniamo conto che è solo la sentenza di primo grado. È stata riconosciuta la mafiosità per i Batanesi mentre per il gruppo dei Bontempo Scavo no.