Il Consiglio dei ministri discuterà nella riunione fissata per oggi, 31 ottobre, del possibile anticipo al primo novembre della scandenza dell’obbligo vaccinale per chi esercita la professione sanitaria e la conseguente abrogazione delle sanzioni per l’inosservanza dell’obbligo. Ma è già polemica. Per Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, il reintegro dei sanitari no-vax e le “sanatorie” per chi non ha rispettato l’obbligo rappresentano “un’amnistia anti-scientifica e diseducativa”.

Covid, Fondazione Gimbe: no al reintegro dei medici no-vax e alle sanatorie

Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, si è detto contrario al reintegro dei medici no-vax e alle sanatorie per coloro che non hanno rispettato l’obbligo vaccinale, riferendosi alla proposta del Cdm di anticipare la data di scadenza dell’obbligo per i sanitari e a quella del Mef di una sospensione fino al 30 giugno 2023 delle multe per gli over50 non vaccinati. Nuove norme che vogliono esprimere un chiaro cambio di rotta nella gestione pandemica. “La parola d’ordine discontinuità – ha spiegato in una nota Cartabellotta – è assolutamente legittima in una Repubblica democratica, ma deve essere utilizzata anche per migliorare tutto quello che il Governo precedente non è riuscito a fare. Dalla raccolta più analitica dei dati sui pazienti ricoverati agli investimenti sugli impianti di aerazione e ventilazione dei locali chiusi; dall’accelerazione della copertura con i richiami vaccinali, all’implementazione di rigorosi protocolli terapeutici per le persone a rischio Al momento, invece, la discontinuità sembra ridursi a un mero smantellamento delle misure in atto e a una vera e propria ‘amnistia’, nell’illusorio tentativo di consegnare la pandemia all’oblio, ignorando le raccomandazioni delle autorità internazionali di sanità pubblica”.

In particolare, rispetto allo stop dell’obbligo vaccinale per il personale sanitario e il reintegro dei sanitari no-vax sospesi a partire dal 1 novembre, Cartabellotta ha commentato: “Il potenziale impatto in termini di sanità pubblica sarebbe modesto, sia perché la misura viene anticipata di soli due mesi rispetto alla scadenza fissata, sia perché riguarda un numero esiguo di professionisti. Ben diverso è però l’impatto in termini di percezione pubblica di questa ‘sanatoria’ e delle relazioni con la stragrande maggioranza dei colleghi che si sono vaccinati per tutelare la salute dei pazienti e la propria, anche al fine di garantire la continuità di servizio”.

Si lancerebbe così, secondo l’esperto, un messaggio anti-scientifico e diseducativo. “Al di là di una scelta individuale incompatibile con l’esercizio di una professione sanitaria, si tratta – secondo lui – di persone che hanno spesso seminato disinformazione pubblica sui vaccini […]. Va tuttavia ricordato che a livello locale possono essere stabilite disposizioni per affidare ai professionisti no-vax reintegrati attività diverse da quelle clinico-assistenziali, senza configurare demansionamento”. Insomma, se un reintegro dev’esserci, che almeno non vada ad inficiare sull’incolumità dei pazienti, sembra essere l’opinione di Cartabellotta, che in effetti è tornato anche sulla necessità di rendere obbligatorio l’uso delle mascherine all’interno degli ospedali e nelle RSA.

“Che sia reso permanente – ha commentato al riguardo -, indipendentemente dalla pandemia in corso, al fine di proteggere al meglio le persone più vulnerabili da infezioni respiratorie di qualsiasi natura. L’utilizzo di questo dispositivo, come indicato dalle autorità internazionali di sanità pubblica, è raccomandato in tutti gli ambienti al chiuso affollati e/o poco areati”. Non bisogna abbassare la guardia, secondo lui, perché, anche se la malattia da Covid-19 non è più quella degli esordi, la pandemia è ancora in corso e gli scenari a medio e lungo termine sui suoi possibili sviluppi sono imprevedibili.