Dopo l’intervista rilasciata qualche giorno fa da Amanda Knox al settimanale Oggi, a tornare sull’omicidio di Meredith Kercher è stato ora Rudy Guede, l’unico accusato del delitto, uscito dal carcere un anno fa dopo 16 anni di reclusione. L’uomo – che sulla vicenda ha scritto anche un libro, dal titolo “Il beneficio del dubbio, la mia storia” -, intervistato dal Corriere della Sera ha dichiarato ancora una volta di essere innocente, accusando altri della morte di Meredith.
Rudy Guede oggi è in semilibertà e continua a dichiararsi innocente
Dopo lunghe indagini processuali, Rudy Guede era stato l’unico accusato dell’omicidio di Meredith Kercher, la giovane Erasmus di origini inglesi trovata senza vita nel suo appartamento di Perugia nel 2007 e la cui morte, all’inizio, era stata imputata ad Amanda Knox e all’allora compagno Raffele Sollecito, che nelle scorse ore si sono mostrati insieme a Gubbio. Ma Guede, un cittadino ivoriano, non aveva mai smesso di dichiararsi innocente e ancora oggi, uscito dal carcere dopo 16 anni di reclusione, ribadisce la sua versione dei fatti, puntando il dito contro altri.
Io c’ero in quella casa, chi lo nega? – ha affermato nel corso di un’intervista al Corriere della Sera -. C’erano le mie tracce sul luogo del delitto, certo. Mica stavo fermo in un angolo. Ero con Meredith, ci siamo scambiati effusioni, abbiamo avuto un approccio sessuale, sono andato al bagno, ho provato a fermare il sangue che le usciva dal collo… Ovvio che ci fossero le mie tracce in giro. Ma l’ho detto quando credevano che mentissi per evitare la condanna, lo ripeto più che mai adesso che ho finito di pagare il mio conto alla Giustizia: io non ho ucciso Meredith.
A quindici anni dall’omicidio della ventunenne, si torna quindi a parlare del caso. Qualche giorno fa a farlo era stata Amanda Knox, che in un’intervista rilasciata al settimanale Oggi aveva anche accusato Guede di non essere cambiato. “Penso che il carcere non l’abbia rieducato – aveva affermato la donna, che oggi è diventata mamma e vive a Seattle con la sua famiglia -. Una persona che continua ad accusare degli innocenti del delitto che lui stesso ha commesso, e che si rifiuta di concedere la verità a una famiglia devastata dal dolore (quella dei Kercher, ndr), resta un criminale”. Ora è Guede – che ha ottenuto la semilibertà nel 2019 per aver conseguito due lauree – a rispondere.
La giustizia italiana – ha affermato l’ivoriano, ora impiegato in una biblioteca pubblica di Viterbo per i servizi sociali – dice che ho compiuto un crimine con due persone specifiche ma non come autore materiale; loro escono di scena, quindi il carcere lo sconta una persona che non si capisce di cosa sia colpevole e con chi. Un condannato impossibile. O forse il condannato ideale: il neg****o senza famiglia, senza spalle coperte, senza un soldo… È vero, la paura ha preso il sopravvento e sono scappato come un vigliacco lasciando Mez forse ancora viva. Di questo non finirò mai di pentirmi. Ma avevo 20 anni e avevo davanti una ragazza agonizzante, l’ho soccorsa ma poi la mente è andata in tilt. Magari sarebbe morta lo stesso ma non aver chiesto aiuto resta la mia grandissima colpa.
È la sua verità, quella sostenuta anche tra le pagine del libro che ha appena pubblicato: lui con l’omicidio non c’entra.
La vita di Mez che se ne stava andando fra gli spasmi. Gli asciugamani non bastavano a tamponare il sangue… – ha proseguito -. Ero uscito dal bagno dopo aver sentito un urlo potente malgrado avessi le cuffiette con la musica a palla; nella penombra avevo visto uno sconosciuto con un coltello in mano. ‘Andiamo via che c’è un neg*o’ aveva detto ad Amanda. All’improvviso il mio cervello è scoppiato. Io non avevo fatto niente, ma chi mi avrebbe creduto? E allora, in preda al panico, ho fatto un errore dopo l’altro… Un comportamento criticabile, è vero. Ma questo non fa di me un assassino.