Un recente studio ha permesso di individuare i geni colpevoli della dislessia, ossia quel disturbo che impedisce una regolare capacità di lettura al 10 % della popolazione.

Lo studio è stato condotto dalla dottoressa Deny Menghini, Psicologa e Psicoterapeuta presso l’Unità Operativa Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia o dell’Adolescenza dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma ed è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature Genetics.

Conoscere i geni candidati per la dislessia consentirà di identificare i bambini più soggetti a questo disturbo e a svolgere screening precocemente soprattutto in quelli più a rischio come i figli di genitori con dislessia.

Non è però una novità che l’origine di questa patologia sia da ricercare nella genetica. Infatti già 20 anni fa la scoperta era stata pubblicata sul Journal of Medical Genetics identificando nel cromosoma 15 il colpevole del disturbo.

Nella sua ricerca, la dottoressaMenghini ha analizzato la mappa genomica di 50 mila adulti affetti da dislessia, confrontando i dati con oltre un milione di persone prive del disturbo. Ciò ha consentito di individuare ben 42 varianti genetiche. Se alcune di esse erano già state collegate alle capacità cognitive, la maggior parte non erano mai state associate alla dislessia.

Ma le importanti correlazioni non finiscono qui. Secondo Michelle Luciano, ricercatrice capo della School of Philosophy and Language Sciences dell’Università di Edimburgo che ha partecipato alla ricerca, “esiste legame genetico tra dislessia e ambidestrismo”.

Geni colpevoli dislessia: le caratteristiche della patologia

La dislessia si manifesta in età infantile, quando i bambini iniziano ad imparare a leggere. Questi bambini leggono lentamente, in modo impreciso e con tanti errori. Hanno spesso difficoltà nella comprensione del testo appena letto. Il deficit, seppur parzialmente migliorabile, permane con la crescita dell’individuo.

La ragione del disturbo medico va ricercata nel funzionamento non regolare di alcune aree del cervello. In particolar modo le regioni parietale e temporale sono quelle deputate all’analisi delle parole, mentre le regioni occipitali e temporali sono responsabili della lettura fluente.

La dislessia è presente in tutte le lingue, indipendentemente dal sistema convenzionale utilizzato. Ciò che varia è la prevalenza, che in Italia si aggira attorno al 3,5%. La percentuale sale addirittura al 17% nei paesi anglofoni ed in tutti i sistemi di linguaggio definiti “opache”, vale a dire nei quali le parole hanno una grafia diversa dalla loro pronuncia. Ciò non accade nelle lingue “trasparenti”, come l’italiano.

I possibili sviluppi futuri

Lo studio condotto dalla dottoressa Menghini conferma dunque l’ipotesi che la dislessia, come altri disturbi del neurosviluppo, abbia una base neurobiologica e sia il frutto di alterazioni genetiche.

Inoltre l’importanza della ricerca è rimarcata anche dall’aver specificato ulteriormente le caratteristiche di chi possa manifestare il disturbo e dall’aver evidenziato che la predisposizione genetica non abbia correlazione con il genere del soggetto.

I risultati poi conferma la relazione tra la manifestazione di dislessia e ambidestrismo. Tuttavia la ricerca non ha fornito prove a supporto dell’ipotesi che identifichi i mancini più a rischio per la dislessia.

Come ha sottolineato la stessa dottoressa coordinatrice dello studio di ricerca, l’individuazione dei geni responsabili del disturbo consentirà nel prossimo futuro nell’essere più precisi nella diagnosi della dislessia. Tutto ciò a vantaggio del bambino affetto dal disturbo: il processo di supporto infatti potrà avvenire prima e senza indurre stress emotivo e psicologico nel paziente.

Conoscere i geni candidati per la dislessia quindi consentirà ai dottori di intervenire in maniera tempestiva, anche in fase prescolare quando la dislessia non può essere ancora diagnosticata. Attualmente infatti la diagnosi di dislessia può essere effettuata sola al termine del II anno della scuola primaria. Il processo tardivo per riconoscerla causa spesso frustrazione nel bambino e particolare disagio all’interno del contesto scolastico nei confronti dei compagni che leggono in maniera corretta e fluida.