Nella galassia di dichiarazioni pessimiste sul futuro economico dell’Italia rientra anche la Cgia di Mestre, secondo cui gli sforzi fatti dal governo Draghi e quelli in programma dal governo Meloni contro il caro bollette di energia ed elettricità “potrebbe non essere sufficiente”.
Ma da dove deriva una simile negatività? Da una serie di conti in tasca che mettono poi a confronto l’Italia con il resto d’Europa per sottolineare le ingenti risorse messe in campo dall’Esecutivo.
Caro bollette ed energia, lo studio Cgia
Tra i leitmotiv di questo 2022 il caro bollette di energia ed elettricità occupa una posizione privilegiata. Gli adeguamenti al rialzo degli ultimi mesi di luce e gas si scontrano con l’andamento discontinuo delle tariffe (vedi Borsa di Amsterdam, che fluttua intorno ai 100 euro/Mwh) che rende inaffidabili le previsioni.
Secondo l’associazione degli artigiani di Mestre, il governo Meloni ha a disposizione 15 miliardi di euro da spendere da qui a fine anno: 9,4 sono l’eredità del tesoretto lasciato dall’Esecutivo Draghi a cui si sommano 5,5 miliardi di fondi strutturali europei relativi al periodo 2014-2020 fermi nel cassetto. Il dubbio più grande della Cgia riguarda la somma da stanziare per i nuovi provvedimenti, a cominciare dalla Legge di Bilancio, che andrebbe ricavata dalla decisione di prorogare o abrogare i provvedimenti già esistenti: per esempio, si dovrà discutere se concedere una nuova proroga allo sconto sulle accise dei carburanti, mentre è certo che il Decreto Aiuti Ter, che contiene molte misure contro il caro energia, debba essere rimpinguato.
Ma il vero problema si verrebbe a creare nel 2023. I bilanci del 2022 della spesa pubblica dovrebbero chiudersi in rosso, nonostante gli aumenti consistenti delle entrate: dalle stime Cgia basate sui dati Confcommercio, il passivo è di circa 100 miliardi di euro. E intervenire sulla spesa pubblica sembra la soluzione più immediata, tuttavia quasi tutte le voce sono essenziali e difficilmente sacrificabili.
Ecco perché sono giornate di fitti colloqui tra Meloni e il capo del Mef Giorgetti: la linea prevalente è quella di un indebitamento che non tocchi lo scostamento di bilancio. Per il 2023 si va verso il 4% del Pil, e dovrebbero così essere sbloccate risorse comprese tra 10 e 20 miliardi di euro: tuttavia l’ago della bilancia saranno le previsioni Istat sul Pil 2023, già viste al ribasso.