È stata la Società Italiana di Pediatria a lanciare l’allarme: sempre più bambini e ragazzi rischiano di sviluppare depressione da social. A dimostrarlo è una revisione della letteratura scientifica della Sip pubblicata sulla rivista International Journal of environmental research of public health, che ha analizzato 68 lavori scientifici condotti dal 2004 al 2022 con l’obiettivo di indagare i rischi correlati all’uso dei social media negli under 18, in particolare nel pre e post Covid-19.

Depressione da social in bambini e ragazzi: i risultati di un’indagine della Sip

“Non è ancora chiaro se l’uso dei social porti a una maggiore depressione o se questi sintomi depressivi inducano le persone a cercare di più i social media (il che potrebbe alimentare un circolo vizioso). Quello che però emerge in maniera inequivocabile dai lavori è che più tempo bambini e adolescenti trascorrono sui dispositivi digitali, più alti livelli di depressione vengono segnalati. E ciò avviene senza grandi distinzioni geografiche: dalla Svezia all’Egitto”, ha dichiarato Rino Agostiniani, Consigliere Nazionale Sip, mentre la collega Elena Bozzola ha aggiunto: “La depressione è collegata a un rapido aumento della comunicazione digitale e degli spazi virtuali che sostituiscono il contatto faccia a faccia con uso eccessivo dello smartphone e delle chat online. Bambini e adolescenti navigano in Internet per lo più da soli, consultando con assiduità i social media. Primi tra tutti, Instagram, Tik-Tok e Youtube. Con inevitabili conseguenze sulla loro vita: dalle interazioni sociali ed interpersonali al benessere fisico e psicosociale”.

In 19 dei 68 studi interessati dalla revisione scientifica condotta dalla Sip è stata infatti riscontrata un’associazione significativa tra depressione e uso dei social. Ma fenomeni emergenti collegati all’abuso dei social media sono anche disturbi alimentari e cyberbullismo – rilevati rispettivamente in 15 studi pari al 22% di quelli esaminati – problemi psicologici, disturbi del sonno, dipendenza, ansia, problemi legati alla sfera sessuale, problemi comportamentali, distorsione della percezione del proprio corpo, ridotta attività fisica, grooming (adescamento di minori) online, problemi di vista, cefalea e carie dentali. Una lista lunga, che indica i potenziali rischi per bambini e ragazzi, che aumentano all’aumentare del tempo di utilizzo.

“La diffusione dei social media, soprattutto tra i più giovani, richiede un’attenzione particolare perché un uso non responsabile può creare problemi rilevanti nella vita quotidiana dei ragazzi e delle loro famiglie, sia dal punto di vista della gestione delle emozioni che delle difficoltà relazionali e scolastiche. L’età preadolescenziale e adolescenziale rappresenta una fase cruciale per lo sviluppo dell’individuo; la conoscenza e l’analisi dei comportamenti a rischio, frequenti in questa fascia d’età, può contribuire alla definizione di politiche e interventi in grado di promuovere l’elaborazione di valori positivi e facilitare l’adozione di stili di vita salutari”, ha spiegato Annamaria Staiano, Presidente della Sip.

L’uso dei social media nei giovanissimi espone infatti questi ultimi alla commercializzazione di cibi malsani, inducendo comportamenti non salutari in ambito alimentare, fenomeno che si è osservato soprattutto durante il confinamento da Covid-19 e che ha portato alla coniazione di un nuovo termine, “covibesity”, per indicare l’aggravamento dei tassi di obesità per motivi legati alla pandemia, ma anche ai messaggi pro-anoressia, non più facilmente monitorabili come un tempo, con tutte le conseguenze che ne derivano. La rete facilita, inoltre, la diffusione del cyberbullismo, soprattutto nella fascia d’età tra i 13 e i 15 anni, con un progressivo aumento dei messaggi ostili e aggressivi diffusi tramite dispositivi elettronici che possono comportare anche gravi disturbi, fino al suicidio. Un rischio concreto, che secondo la Sip può e deve essere prevenuto con “il dialogo con gli amici e le famiglie, nonché con l’attività fisica”: buone pratiche che possono anche contribuire ad alleviare i sintomi della depressione per coloro che ne sono già stati colpiti.