La foresta amazzonica è uno dei beni ambientali più importanti del pianeta e i brasiliani che andranno alle urne tra tre giorni dovranno prendere la decisione giusta salvarla, la scelta è infatti tra la rielezione del presidente Jair Bolsonaro, e Luiz Inácio Lula da Silva, l’ex sindacalista già a capo del paese del samba tra il 2003 e il 2010.

I sondaggi al momento danno in vantaggio il secondo con un margine che varia tra lo 0,4% e l’8% ma per l’Amazzonia se dovesse a sorpresa vincere Bolsonaro sarebbe un vero e proprio disastro.

“Quando il Brasile ha eletto Bolsonaro quattro anni fa, eravamo tra quelli che temevano il peggio”, spiega la rivista scientifica, Nature, descrivendo Bolsonaro come “populista ed ex capitano dell’esercito, entrato in carica negando la scienza, minacciando i diritti dei popoli indigeni, promuovendo le armi come soluzione ai problemi di sicurezza e spingendo un approccio all’economia dello sviluppo a tutti i costi”.

Il record di Bolsonaro, continua Nature, è “scioccante”, sotto la sua guida, l’ambiente è stato devastato dal ritiro delle protezioni legali e dei diritti dei popoli indigeni. Nella sola Amazzonia, la deforestazione è quasi raddoppiata dal 2018.

Bolsonaro foresta amazzonica: “È un negazionista dei cambiamenti climatici”

Dall’inizio del mandato di Bolsonaro nel 2019, il 73% in più di terra è stata deforestata, denuncia Marcio Astrini, direttore esecutivo dell’Osservatorio climatico di San Paolo. Secondo lui se Bolsonaro vincerà di nuovo, la maggior parte dell’Amazzonia se ne andrà.

“Il presidente ha un’agenda pubblica contro la protezione delle foreste e contro l’ambiente”, afferma, perché “è un negazionista dei cambiamenti climatici”.

La battaglia politica in corso in Brasile ha dunque enormi implicazioni per la foresta pluviale più grande del mondo. “La deforestazione è aumentata drammaticamente negli ultimi anni”, conferma Marcelo Ferronato, biologo di Ecoporé, una ONG con sede a Porto Velho, nello stato della Rondonia.

Ferronato voterà Lula ma è “molto preoccupato” da una possibile riconferma del presidente in carica perché Bolsonaro ha messo a tacere il Ministero dell’Ambiente dal lanciare allarmi o parlare pubblicamente dei rischi dello sviluppo produttivo nella foresta. Non bastasse, ha anche tagliato i fondi delle forze dell’ordine, rendendo più difficile il pattugliamento dell’enorme territorio amazzonico. Solo a Settembre, l’Istituto nazionale per la ricerca spaziale del Brasile ha individuato oltre 42.000 incendi amazzonici. “L’Amazzonia è una foresta umida. Non prende fuoco naturalmente. Sono causati dall’uomo”, denuncia Ferronato.

“L’Amazzonia non sopravviverà ad altri quattro anni”

Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration, un’agenzia scientifica statunitense, la foresta pluviale amazzonica immagazzina circa 123 miliardi di tonnellate di carbonio, equivalenti a quattro anni di emissioni globali se dovesse essere rilasciata come CO2, che è ciò che accade quando brucia.

Lo stoccaggio di carbonio della foresta è il risultato di millenni di estrazione di CO2 per la fotosintesi, ma ci sono prove che parti dell’Amazzonia ora emettono più carbonio di quanto ne assorbano.

Ecco perché scienziati e difensori ambientali stanno denunciando che l’azione di Bolsonaro in Amazzonia “è la peggiore possibile” come afferma Stela Herschmann della rete di conservazione brasiliana Observatório do Clima che dice:

“Alcuni scenari mostrano che l’Amazzonia non sopravviverà ad altri quattro anni di questo disastroso governo e sta a noi brasiliani prendere la decisione migliore”.

Un recente rapporto del Forum brasiliano sulla sicurezza pubblica, in collaborazione con l’Istituto per il clima e la società del Brasile e l’Università dello Stato di Pará, ha dimostrato anche che nel 2020 l’Amazzonia ha registrato 29,6 omicidi ogni 100.000 abitanti, contro una media nazionale di 23,9. I tassi più alti corrispondono ai comuni che tagliano più alberi.

Anche se il governo federale ha speso 109 milioni di euro per le operazioni in Amazzonia dal 2019, la violenza e i crimini ambientali non sono diminuiti. Secondo una recente indagine di The Intercept, in Amazzonia ci sono 1.269 piste clandestine vicino alle miniere d’oro illegali gestite anche dal più importante gruppo criminale del paese, il Primo Comando della Capitale (PCC).

I trafficanti di droga utilizzano infatti i fiumi amazzonici come vie di trasporto della cocaina dalla Colombia al Brasile mentre lo Stato di Amazonas è diventato il principale punto di ingresso per la cocaina e la marijuana peruviane attraverso i fiumi Solimões e Javarí.