La più grande raffineria d’Italia tra 40 giorni fermerà le attività, la Lukoil di Priolo, infatti passa il 20% del raffinato di cui ha bisogno il Paese intero e insieme a lei verrà fermata la produzione d tutte le aziende del petrolchimico siracusano collegate in qualche maniera alla raffineria ex ISAB, stop inoltre, alle produzioni anche per gli impianti chimici di Eni del gruppo Versalis, a Siracusa e a Ragusa.

Per commissionare le forniture di petrolio dalla Russia, mancano solo 12 giorni e ne mancano 40 alla scadenza che potrebbe segnare la chiusura delle raffinerie (Isab Sud e Isab Nord) che fanno capo al gruppo controllato indirettamente dalla compagnia russa Lukoil. Per l’industria siciliana è quindi il tempo del conto alla rovescia.

Priolo raffineria: “Un colpo mortale per l’intero comparto”

Di fatto, se qualcosa non cambia in questi giorni, l’ordine che partirà il 7 Novembre dalla raffineria di Priolo sarà l’ultimo e dal 5 Dicembre non potranno più ricevere petrolio russo causa embargo. Dal 6 Dicembre vanno a casa i poco più di mille dipendenti diretti, restano senza lavoro i 1.930 dell’indotto e subirà un colpo mortale l’intera area industriale siracusana tra Priolo, Augusta e Melilli. 

Di fatto sono almeno diecimila i posti di lavoro che rischiano seriamente di saltare, come hanno più volte spiegato i vertici di Confindustria e non solo loro, il sistema di questa area industriale è direttamente interconnessa alle altre. “Se chiude Lukoil, spiega Gianpaolo Miceli, segretario provinciale della Cna siracusana, vanno in tilt anche gli altri impianti presenti nella zona industriale. L’intero comparto ne subirebbe un colpo mortale”.

Il 6 Dicembre, comunque rappresenta una data convenzionale ormai, perché per arrivare allo spegnimento degli impianti bisognerebbe cominciare molto prima. Intanto i vertici di Isab hanno cominciato a centellinare le risorse per garantirsi più autonomia e rinviare quanto più possibile lo spegnimento degli impianti.

“In questi mesi, dice Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa, non ci sono stati nuovi segnali. E non si riesce a capire come si voglia risolvere questo problema che non è né solo siracusano né solo siciliano ma è un problema nazionale e strategico”.

Impianto che copre il 20% del fabbisogno annuale del Paese

Qualche giorno fa è stato Edoardo Garrone, presidente della Erg, azienda che ha venduto qualche anno fa a Lukoil gli impianti siracusani, a lanciare l’allarme:

“L’intero polo industriale di Siracusa rischia di chiudere per l’embargo sul petrolio russo deciso dall’Europa, ci sono migliaia di posti di lavoro a rischio e la chiusura manderebbe in tilt l’approvvigionamento dei prodotti derivanti dal petrolio nel nostro Paese perché la raffineria di Siracusa copre il 20% del fabbisogno annuale dell’Italia. Immaginate che disastro accadrebbe al nostro Paese, questo dossier va gestito subito dal nuovo Governo Meloni”.

La tensione dalle parti di Siracusa sembra destinata a salire e a poco sono servite le dichiarazione del neoministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso che ha ereditato da Giancarlo Giorgetti parecchi dossier scottanti a cominciare da questo e che ha detto:

“Stiamo seguendo alcune ipotesi di investimento o di acquisizione di questa imprese per consentirle di andare oltre la fatidica data in cui scatteranno le sanzioni”.

Non è chiaro però se il ministro si riferisse alle ipotesi di acquisizioni e investimenti circolate nelle scorse settimane ma mai confermate o a ipotesi di lavoro tutte interne al ministero.

Opzione deroga per un anno

I documenti ufficiali comunque non parlano né di acquisizioni né di investimenti. Il verbale della riunione del tavolo del 2 Agosto, l’ultima, racconta che i vertici di Isab hanno evidenziato “che la soluzione ideale sarebbe ottenere una deroga almeno parziale per l’embargo dei greggi russi per un periodo di almeno un anno; in alternativa, risulterebbe necessaria per tutta la durata dell’embargo un’adeguata linea di credito per l’emissione delle lettere di credito per l’acquisto del greggio non russo”.

In ogni caso, è necessario prevenire condotte di overcompliance, auspicando l’emissione di una “comfort letter” da parte del Governo che evidenzi che Isab non è una società soggetta a sanzioni e che come tale non deve essere oggetto di restrizioni all’operatività.

A tale proposito, hanno richiamato una lettera similare utilizzata per il caso Tamoil nel 2011. Sempre in quella sede Isab “ha rappresentato che la priorità sarebbe ottenere la garanzia Sace non limitata ad una mera iniezione di liquidità, ma come previsto dal decreto Aiuti, possa divenire una misura di sostegno per l’azienda per superare la crisi. Ha evidenziato che la società non ha ricevuto manifestazioni di interesse da parte di terzi né in tema di cessione di azienda né in tema di affitto di azienda, ma che comunque il Gruppo Lukoil è pronto a cogliere ogni opportunità per uscire dalla crisi. Ha infine sottolineato che la società dispone di uno stoccaggio di 1 milione di tonnellate di prodotto greggio e lavorato non solo russo che potrebbe essere costituito in garanzia a fronte di erogazione di credito”.