Che cos’è lo stalking e quali sono le pene previste dalla legge in Italia? Dal verbo inglese “to stalk”, che significa “inseguire”, lo stalking è un reato che consiste in un comportamento persecutorio reiterato, messo in atto da un soggetto (lo stalker) nei confronti di una vittima. Una violenza che può assumere diverse forme – minacce, molestie, atti lesivi -, tutte accomunate da una conseguenza: l’emergere, nella vittima, di un grave stato di ansia e di paura, il fondato timore per la propria e altrui incolumità e il cambiamento delle proprie abitudini di vita. Ecco perché la legge prevede delle pene severe per chi lo mette in atto.
Che cos’è lo stalking e quali sono le pene in Italia?
A sancire il riconoscimento del reato di stalking in Italia è stato il Decreto Legge numero 11 del 2009, poi convertito dalla Legge numero 38 dello stesso anno. A disciplinarlo è, invece, il Codice Penale, che all’articolo 612 bis recita:
È punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato d’ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Sono previsti poi degli aumenti della pena, se il fatto è commesso da un ex coniuge, anche dopo il divorzio, oppure da una persona legata da una passata relazione affettiva alla vittima; ma anche se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità. Il testo di legge, in particolare, afferma che:
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’art. 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.
Le condotte ritenute molestie o atti persecutori, e che rientrano pertanto nel reato di stalking, essendo penalmente perseguibili, includono atti come: sorvegliare, pedinare, aspettare, seguire i movimenti, raccogliere informazioni sulla vittima; appostarsi sotto casa, sul luogo di lavoro o addirittura introdursi nella sua casa. Ma rientrano negli atti persecutori anche la diffusione di dichiarazioni oltraggiose e diffamatorie e la minaccia di violenza nei confronti della vittima o delle persone vicine. Si tratta di un fenomeno sfortunatamente in crescita nella nostra società, che generalmente interessa gli uomini (80%), spesso ex partner della vittima donna: Tizio tormenta la sua ex, Caia, chiamandola continuamente e facendole degli agguati a casa o sul posto di lavoro perché non accetta la fine della loro relazione. È la vittima a dover denunciare gli atti persecutori che subisce alle autorità e la querela può essere sporta, secondo la legge, entro sei mesi dall’ultimo atto, mentre è irrevocabile se lo stalking viene commesso mediante minacce reiterate molto gravi, come nel caso di minacce di morte. La legge prevede, in questi casi, due forme di tutela per la vittima, misure cautelari pensate per evitare che le minacce possano trasformarsi in pericolo concreto: l’allontamanento dalla casa familiare da parte della vittima e, per lo stalker, il divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima.