Tragedia all’interno della caserma dei Carabinieri di Asso, in provincia di Como, dove una sparatoria tra il brigadiere Antonio Milia e il comandante Doriano Furceri si è conclusa con la morte di quest’ultimo. L’episodio è maturato giovedì pomeriggio, al termine del quale Milia si è poi barricato all’interno dell’edificio.

A quel punto i Reparti Speciali delle forze dell’ordine hanno cercato di imbastire una trattativa con il brigadiere, senza successo. Al che hanno fatto irruzione e lo hanno arrestato nelle prime ore del mattino, con l’accusa di omicidio. Durante il blitz è stato ferito anche un militare del Gis (Gruppo Intervento Speciale).

Sparatoria in Caserma a Como, la ricostruzione

Il brigadiere operativo alla caserma di Asso (Como) è rimasto asserragliato dietro la porta blindata per oltre dodici ore dopo la sparatoria con la pistola d’ordinanza che ha ucciso il luogotenente e comandante dell’avamposto. Una volta penetrati nell’edificio, i Gis hanno liberato una poliziotta tenuta come ostaggio e alcuni componenti delle famiglie di altri militari, che non sarebbero tuttavia mai state in serio pericolo.

Conclusa l’operazione, si passa ora al setaccio dei retroscena, delle cause che hanno scatenato il folle gesto: in quest’ottica Milia sarà interrogato dagli inquirenti già nelle prossime ore. I rotocalchi confermano che il brigadiere fosse stato ricoverato presso il reparto di psichiatria dell’Ospedale di San Fermo della Battaglia a causa di alcuni disagi psicologi prima di essere dimesso e posto in convalescenza per diversi mesi. La Commissione medico ospedaliera della struttura lo ha giudicato idoneo al servizio, sebbene fosse in ferie prima del rientro effettivo

Sul conto del comandante Furceri le notizie sono più sfumate: trasferito a febbraio dalla stazione di Bellano (Lecco) dopo 17 anni a causa di alcune offese rese pubbliche nei suoi confronti a cavallo tra 2021 e 2022. Alla base di scritte e messaggi anonimi si celerebbe l’indiscrezione in merito a possibili relazioni extraconiugali poi scoperte dai coniugi, pronti ad agire per vie legali. Il comando provinciale di Lecco aveva avviato un’indagine interna per fare luce sull’accaduto prima di optare per il trasferimento.