Questi primi mesi invernali sono stati caratterizzati da un caldo record per il periodo. Il clima mite dopo l’estate però sta iniziando a far preoccupare gli esperti sia sul fronte ambientale che su quello legato alle coltivazioni sul territorio. Con la prospettiva di un novembre con temperature ancora fuori dalla norma e assenza di pioggia sono a rischio le piantagioni di grano nei terreni già inariditi da un 2022 anomalo in cui si registrano precipitazioni ridotte di 1/3 anche se più violente. Questi sono i dati espressi da Coldiretti in riferimento al periodo anomalo su tutta la Penisola.

L’impatto sulla produzione alimentare e del grano visto il caldo record

In un 2022 che si classifica fino ad ora in Italia come il più caldo mai registrato dal 1800 con una temperatura addirittura superiore di quasi un grado rispetto alla media storica secondo Isac Cnr nei primi 9 mesi dell’anno. Una situazione preoccupante, ha sottolineato la Coldiretti, dopo che nel 2022 la produzione di grano duro in Italia è stimata in 3,8 milioni di tonnellate in calo del 5% nonostante l’aumento delle superfici coltivate che sono passate a 1,24 milioni di ettari nel 2022 contro 1,23 milioni del 2021. In difficoltà per l’allarme siccità fuori stagione sono in realtà tutte le colture in campo con gli imprenditori agricoli che stanno intervenendo addirittura con irrigazioni di soccorso per non compromettere i raccolti. Nelle campagne gli effetti si fanno sentire anche per i parassiti che sono rimasti attivi con le temperature miti e attaccano più facilmente le colture ancora in campo, come avviene peraltro nelle città dopo sono ancora diffuse zanzare e mosche.

Le proiezioni sul prossimo futuro della condizione climatica globale

Una conferma del cambiamento climatico in atto con una tendenza alla tropicalizzazione che, conclude la Coldiretti, si manifesta con una più elevata frequenza di manifestazioni violente, sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo, con sbalzi termici significativi che compromettono le coltivazioni nei campi con perdite della produzione agricola nazionale e danni alle strutture e alle infrastrutture nelle campagne che quest’anno superano già i 6 miliardi di euro dall’inizio dell’anno, pari al 10% della produzione nazionale.