Giorgia Meloni chiede la fiducia alla Camera e lo fa con un discorso ricco di contenuti, di citazioni e di indicazioni circa la futura azione di governo. Alcuni brandelli del suo manifesto li stiamo analizzando per cercare di capire in che direzione si muoverà l’esecutivo. Pronti citava il suo claim di campagna, e la prontezza è proprio la caratteristica che sta cercando di ostentare in questi primi giorni da Presidente del Consiglio. Per risollevare l’italia era il payoff ed Italia – come riporta un’analisi di YouTrend – è proprio la parola più utilizzata nel suo discorso.
Nel tratteggiare la sua idea di Italia la Premier, anzi, il Premier come ha detto di preferire, ha fatto riferimento anche all’eccessiva burocratizzazione. Una piaga che colpisce soprattutto imprenditori e, più massicciamente, giovani imprenditori che desiderano avviare impresa. Le sue parole:
Perché tutti gli obiettivi di crescita possano essere raggiunti, serve una rivoluzione culturale nel rapporto tra Stato e sistema produttivo, che deve essere paritetico e di reciproca fiducia. Chi oggi ha la forza e la volontà di fare impresa in Italia va sostenuto e agevolato, non vessato e guardato con sospetto. Perché la ricchezza la creano le imprese con i loro lavoratori, non lo Stato tramite editto o decreto
Il nuovo motto di Giorgia Meloni
Ed allora, dice Meloni, il suo governo avrà un nuovo motto: “Non disturbare chi vuole fare”. Questo perché, dice, chi fa impresa va sostenuto e non vessato. Questo pezzo di discorso è riprova di una comunicazion ben precisa del Presidente del Consiglio che definendosi underdog – lo ha detto in un precedente passato – si schiera dalla parte dei problemi percepiti dall’uomo medio ed in critica ad una classe politica rea di non aver fatto abbastanza. Lo fa non solo facendone parte della classe politica ma, adirittura, sedendo sullo scranno più alto del Parlamento. Lo fa prendendosela con chi ha governato prima di lei, lamentandosi degli “Indicatori macroeconomici” ricevuti in eredità. È l’antipolitica: modalità di linguaggio usata dai leader politici che si oppongono, pradossalmente, all’establishment politico. Un pattern che regge grazie alla credibilità di chi, fino a ieri, sedeva all’opposizione e non può avere colpe. Almeno per ora.
Meloni, tra le righe, propone maggiore libertà di impresa e di economia. L’accusa all’ingombranza dello stato centrale è cosa nota. Fu usata, prima di lei, da altri leader della destra. Basti pensare alle ricette liberiste di Thatcher e Reagan. Il presidente americano, in una formula non troppo diversa da quella usata da Meloni, diceva: “Le nove parole più terrificanti nella lingua inglese sono: ‘Io sono del governo e sono qui per aiutarla” per giustificare la necessità di un’economia sempre più libera e meno controllata.
Leader di convinzione
Il contesto di crisi necessita di qualche linea di continuità per affrontare i temi più urgenti, come le bollete e l’energia. Tuttavia Meloni, oggi, ha dato prova di avere tra le mani un manifesto politico di discontinuità. Da questo punto di vista è emerda la convinzione e la determinazione di chi si è definita una leader pragmatica, quindi incline al compromesso per raggiungere il mezzo, ma che ha anche lasciato intendere di non voler impedimenti lungo il cammino. Anche qualora dovesse incappare in “Opposizioni pregiudiziali”.