Dopo essersi esposta sul tema delle famiglie arcobaleno, in seguito alle polemiche nate dalla trasmissione di un episodio del cartone Peppa Pig che mostrava un personaggio con due mamme, Luciana Littizzetto è tornata a farsi sentire a Che tempo che fa. Nel corso della puntata di ieri, la comica ha infatti deciso di leggere una lettera indirizzata a Maurizio Gasparri sulla legge 194. Negli scorsi giorni, il senatore ha infatti presentato un nuovo disegno di legge per chiedere il riconoscimento giuridico del feto: una proposta che, se passasse, complicherebbe l’applicabilità della legge sull’aborto, dal momento che per qualsiasi interruzione di gravidanza sia la donna che il medico sarebbero accusati di omicidio. “La legge 194 non è tua, non è mia, non è di destra né di sinistra – ha dichiarato la comica -. La 194 è di tutte le donne”.
Luciana Littizzetto a Che tempo che fa: la lettera indirizzata a Gasparri
È una lettera a cuore aperto e che arriva dritta al punto, quella che Luciana Littizzetto ha indirizzato al senatore Maurizio Gasparri, firmatario di un disegno di legge per il riconoscimento giuridico del feto attraverso la modifica dell’articolo 1 del codice civile.
Illustrissimo senatore Maurizio Gasparri – è l’appello della comica -. La legge 194 è quella che garantisce il diritto all’aborto e, sottolineo, non invita le donne a farlo. È una legge del 1978, nata da un referendum, è una buona legge, ma se cominci a metterci mano e a svuotarla, perde il suo equilibrio e crolla. Dare il riconoscimento giuridico al feto significa che sia la donna che il medico potrebbero essere accusati di omicidio. Non è una quisquilia, è piuttosto una semplice, affettuosa picconata ad un diritto che tante lotte e tante pene è costato alle donne. Caro Maurizio, che sei maschietto, come fai a sapere meglio di una donna cosa è bene o non è bene fare? È come se un pipistrello volesse insegnare ad un delfino a nuotare, o un cavallo spiegasse a un’anatra come fare per volare. La 194 è una legge che allarga i diritti e non li restringe, che non toglie nulla a chi l’aborto non lo vuol fare e concede la possibilità a chi invece non vede altra strada. Chi siamo noi per giudicare? Come posso sapere io come si sente una donna violentata che porta in grembo il frutto di quello strazio? Come posso sapere io come si sente una donna alla quale il medico ha detto che il bambino che sta crescendo dentro di lei dovrà vivere una vita intera di sofferenza? Come posso sapere io come si sente una ragazzetta di 15 anni che cercava l’amore e si è ritrovata mamma per errore? Come posso sapere io come si sente una donna sola, senza soldi, magari con altri figli che già non riesce a sfamare? E come posso sapere io come si sentono un sacco di altre donne che scelgono di non essere mamme per chissà quali motivi? Non lo so. Ma una cosa la so: so che basta un attimo per tornare indietro di anni e ricominciare dai ferri da calza. Quindi lo dirò forte e chiaro: la 194 non si deve toccare, perché la 194 non è mia, non è tua, non è di destra né di sinistra, la 194 è di tutte le donne.
Poi, alla fine, un post scriptum che funge anche da proposta:
Già che ci sei, perché non proponi di fare una sana educazione sessuale e sentimentale a scuola? Fatta bene, diretta, senza pruderie. In questo modo calerebbero non solo gli aborti, ma anche le malattie sessualmente trasmissibili, che colpiscono soprattutto i più giovani e sono davvero un problema.