Tragedia sul lago di Lecco, dove è stato trovato morto il sub disperso al Moregallo nella mattinata di ieri, domenica 23 ottobre: si tratta di Fabio Livio, 41 anni, residente a Tavernerio, dove gestiva una cartoleria insieme al padre. L’uomo si era immerso domenica mattina nella zona conosciuta come il cimitero delle auto per i numerosi relitti che si trovano nel fondale e non è più riuscito a riemergere, forse incastrato in un relitto. Immediato l’allarme da parte dell’amico che era con lui che, accortosi delle difficoltà del compagno, non è però riuscito ad aiutarlo.
Morto il sub disperso al Moregallo: la dinamica
Le ricerche da parte dei Vigili del Fuoco sono iniziate immediatamente, alle 11.45, con l’aiuto anche di rinforzi specializzati da Genova e di una pilotina dei Carabinieri proveniente da Lecco, ma il sub disperso al Moregallo è stato ritrovato soltanto molte ore dopo, in serata, purtroppo deceduto. Il corpo, probabilmente rimasto impigliato nei fondali, è stato riportato in superficie alle 19.45. Immediatamente è intervenuta l’auto medica dell’ospedale Manzoni di Lecco per la constatazione del decesso. L’uomo era sceso ad una profondità di 80 metri, cifra piuttosto importante anche per gli esperti di immersioni.
Le cause della morte
Non è ancora chiaro che cosa sia successo allo sfortunato sub disperso al Moregallo e trovato cadavere. Al momento tutte le ipotesi sono aperte, anche perché pare che il subacqueo avesse una certa esperienza di immersioni alle spalle. Potrebbe essere dunque rimasto impigliato in una delle numerose carcasse presenti sul fondale del lago, ma non si esclude che possa aver avuto un malore o che possa stato colto da narcosi da azoto, vista la profondità alla quale è stato ritrovato. Un’altra ipotesi è che qualcosa non sia andato nel verso giusto a livello di attrezzatura.
Cos’è la narcosi da azoto
Una delle ipotesi relative alle cause della morte del sub disperso al Moregallo è la narcosi da azoto. Si tratta di una sindrome che colpisce i subacquei quando la pressione parziale di azoto nel sangue aumenta oltre un limite individuale. La gravità dei sintomi dipende da diversi fattori, come la profondità (si rischia sotto i 40 metri di profondità), la durata dell’immersione e della risalita in superficie, la mancanza di allenamento, il grasso corporeo, ma anche fattori psicologici.
Quando l’azoto raggiunge il sistema nervoso centrale altera l’attività elettrica delle cellule e rallenta la trasmissione neurale, con conseguente stordimento, disorientamento e euforia (da qui il nome di ebbrezza dei grandi fondali), che induce a comportamenti irrazionali quali il rifiuto del respiratore o il desiderio di scendere a maggiore profondità.