Dopo Sabrina Ferilli, ad invadere i televisori di tutta Italia ad ogni stacco pubblicitario ci sono stati, fra gli altri, Franco e Andrea Guidi. “Poltrone e sofà: gli artigiani della qualità”, recita lo spot dell’azienda di Forlì leader nella produzione e vendita di divani e poltrone in tessuto. Ma prima c’era stato l’indimenticabile “Beato chi so fa il sofà!”. E, mentre le offerte continuano ad essere valide sempre “fino a domenica”, il marchio si è ormai fatto spazio nella mente del pubblico. Se ci è riuscito, al di là dei prezzi competitivi e del marketing martellante, è stato anche grazie a quel “rapporto di fiducia” che ha cercato di costruire tra i potenziali clienti e gli artigiani, spesso anche attori nelle campagne pubblicitarie.
Chi sono gli attori di Poltrone e Sofà: anche artigiani di qualità
Non solo uno slogan, quello che si cela dietro l’indimenticabile frase “Poltrone e Sofà: gli artigiani della qualità”. Dopo essere stata rappresentata per anni sul piccolo schermo da Sabrina Ferilli, con l’iconica “Beato chi so fa il sofà!”, l’azienda di Forlì leader nella produzione e vendita di divani e poltrone in tessuto, nata nel 1995 da un’idea dell’imprenditore Renzo Ricci, che ha saputo nel tempo trasformarla in una delle imprese del settore più conosciute anche all’estero, ha puntato sull’artigianato aziendale. Perché i nuovi testimonial, tra cui Franco, forse il più ricordato dal pubblico, sono davvero dipendenti della società romagnola e sono proprio loro a fabbricare i divani, nel loro ruolo ufficialmente riconosciuto dalla camera di commercio di mastri artigiani.
Non solo dei volti televisivi, quindi, e non semplicemente attori. Come Andrea Guidi. “Artigiani della qualità è un modo di essere, un modo di vivere le cose, di farle, è un mestiere”, affermava nello spot che lo vedeva protagonista, qualche anno fa. Una scelta di marketing, quella di renderli partecipi delle campagne pubblicitarie, affinché con i loro gesti del mestiere e il loro linguaggio, potessero indicare professionalità, esperienza e cura, creando un rapporto di fiducia con i potenziali acquirenti. Figure a cui nel tempo, all’interno degli spot, si sono affiancate anche quelle di venditori e aiutanti (come quelli che in alcune scene aiutavano gli artigiani a tagliare la stoffa): lavoratori del settore mostrati nella loro quotidianità per attrarre il pubblico a casa.
In semiotica si chiama “modello attanziale”, quello usato da pubblicità di questo tipo: significa che, all’interno dello spot, ognuno ha un ruolo narrativo ben definito. C’è il soggetto, l’artigiano; l’oggetto, i prodotti offerti; l’aiutante, che aiuta il soggetto (la Ferilli, il venditore, coloro che assistono gli artigiani); c’é l’opponente, qualcosa che ostacoli il soggetto, in questo caso l’eventuale poca fiducia dei clienti o il costo elevato e, infine, il destinatario, colui a cui lo spot si rivolge. Una narrazione ben precisa, quindi, quella pensata per entrare nelle case degli italiani e non solo in modo figurato. Se il marchio ci è riuscito, al di là dei prezzi competitivi e degli spot martellanti, che ancora oggi promettono “offerte validissime”, rigorosamente sempre in scadenza, per “prodotti di grande qualità”, è perché ha saputo guadagnarsi la fiducia dei potenziali clienti proprio attraverso gli artigiani, che oltre alle mani hanno offerto anche il proprio volto come testimonial.