Asili nido calo iscrizioni, in crisi post pandemia. Al 31 dicembre 2020 sono attivi sul territorio nazionale 13.542 servizi per la prima infanzia, quasi 300 in meno rispetto all’anno precedente. Lo segnala l’istat.

Asili nido calo iscrizioni, in crisi post pandemia

Nel primo anno post pandemia risultano in calo le iscrizioni e la frequenza negli asili nidi di infanzia. Lo certifica un Report dell’Istat relativo all’offerta di nidi e servizi integrativi per la prima infanzia |nell’anno educativo 2020/2021. Al 31 dicembre 2020, sono attivi sul territorio nazionale 13.542 servizi per la prima infanzia, quasi 300 in meno rispetto all’anno precedente (-2,1%). I posti complessivi sono 350.670, di cui il 49% all’interno di strutture pubbliche, con un saldo negativo di circa 10.600 posti (-2,9%).

I motivi del calo dei nidi

Il calo ha interessato meno i nidi d’infanzia (-1,4%), componente più tradizionale e principale dell’offerta (65,8%). Leggermente più consistente (-2,8%) il decremento per le sezioni primavera, che rappresentano il 19,6% dei servizi complessivi e accolgono bambini dai 24 ai 36 mesi, generalmente all’interno delle scuole d’infanzia. I servizi integrativi per la prima infanzia (spazi gioco, centri per bambini e genitori e servizi educativi in contesto domiciliare), che completano l’offerta con il 14,6% dei servizi disponibili, sono quelli che hanno fatto registrare la riduzione maggiore (-17,2%). Questa situazione si inserisce in un contesto di offerta già fortemente carente.

La media europea degli asili nido

La media europea è al 36,6% nel 2021 e quella italiana al 33,4%. Questo dato indica inoltre un aumento della frequenza per i bambini sotto i tre anni.
La Raccomandazione della Commissione europea (datata al 7 settembre 2022) propone di fissare un nuovo target per il 2030, quello di portare almeno al 50% la quota di bambini sotto i tre anni che frequentano servizi educativi di qualità.
La Commissione sottolinea inoltre la necessità di garantire un adeguato numero di ore settimanali, anche per consentire la partecipazione dei genitori al mercato del lavoro, migliorare le condizioni di lavoro del personale impiegato nei servizi educativi, favorire l’inclusione dei bambini con disabilità e di quelli con background migratori o a rischio di povertà ed esclusione sociale. Molte famiglie infatti, conclude l’Istat, non iscrivono i figli al nido perché il servizio non è disponibile o è troppo costoso.

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