Si rinnova l’impegno di Roma Action Plan, che si pone l’obiettivo di sconfiggere il diabete. Secondo le statistiche, infatti, la prevalenza media del diabete nel Lazio è del 6,6%, ma nell’area metropolitana della capitale il dato arriva fino ad un picco del 7,3%, valore decisamente superiore alla media nazionale del 5,4%. Per bloccare il diabete urbano e investire nella salute dei cittadini, Roma ha aderito nel 2017 al programma internazionale Cities Changing Diabetes, che ha appunto rinnovato oggi il suo impegno fino al 2025, cercando di dare concretezza e continuità a quanto iniziato con l’Action Plan 2019-2022.

Le paole dei principali interpreti del Roma Action Plan

“Con l’Action Plan 2019–2022 abbiamo analizzato il contesto urbano, messo in luce i punti di attenzione e criticità e monitorato la sua evoluzione, ciò ha rappresentato il primo fondamentale passo per poter definire come invertire la curva di crescita del diabete urbano”, afferma Andrea Lenzi, Presidente del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le Biotecnologie e le Scienze della Vita (CNBBSV) della Presidenza del Consiglio dei Ministri e Presidente dell’Health City Institute“Oggi presentiamo un impegnativo piano di azione triennale, il Roma Action Plan – Update 2022-2025, che vuole porre le basi per fare un ulteriore passo in avanti indicando le azioni necessarie da mettere in atto per arrestare lo sviluppo pandemico del diabete di tipo 2.”

“L’area metropolitana racchiude profonde differenze fra i municipi per quanto riguarda la struttura demografica e la composizione socioeconomica della popolazione. È emersa una correlazione tra le aree più svantaggiate e periferiche della città e una maggiore prevalenza di diabete, basti pensare che dove il tasso di disoccupazione sfiora il 13%, la prevalenza di diabete è vicino al 7%”, commenta Antonio Nicolucci, Direttore di Coresearch. “Per questo è necessario immaginare un nuovo modello di welfare urbano che promuova stili di vita più adeguati e che porti ad un aumento di infrastrutture che facilitino lo svolgimento di attività fisica in tutta l’area urbana.”

“Le limitazioni economiche hanno un peso sulla salute e le opportunità di cura che aumenta quando si intrecciano con altre forme di vulnerabilità sociale. Dobbiamo ridurre le disuguaglianze tenendo conto di questo effetto incrementale e agendo nelle zone più a rischio, ciò significa intervenire a supporto della prevenzione primaria, rendendo il contesto urbano adatto alla conduzione di stili di vita sani, e della prevenzione secondaria, rafforzando la rete di servizi sociosanitaria a disposizione di tutti”, aggiunge Ketty Vaccaro, responsabile Area salute e welfare, Fondazione Censis.