Caritas, il rapporto sulla povertà mette in evidenza una situazione molto preoccupante. Nel 2021 la povertà assoluta conferma i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19. Le famiglie in povertà assoluta risultano 1 milione 960 mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente). E’ quanto emerge dal 21esimo Rapporto della Caritas italiana su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”L’incidenza si conferma più alta nel Mezzogiorno (10% dal 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord, in particolare nel Nord-Ovest.

Caritas, il rapporto sulla povertà mette in evidenza una situazione molto preoccupante

In riferimento all’età, i livelli di povertà continuano a essere inversamente proporzionali all’età: la percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori (quasi 1,4 milioni bambini e i ragazzi poveri), all’11,4% fra i giovani di 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 anni e al 5,3% per gli over 65 (valore sotto il la media nazionale). Tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà è cresciuta più della media per le famiglie con almeno 4 persone, le famiglie con persona di riferimento di età tra 35 e 55 anni, i bambini di 4-6 anni, le famiglie degli stranieri e quelle con almeno un reddito da lavoro. È cresciuta meno della media per le famiglie piccole, con anziani, composte da soli italiani. L’edizione del 2022 del rapporto cade in un momento cruciale della vita nazionale, in uscita dall’emergenza sanitaria che ha segnato duramente il tessuto sociale ed economico del nostro Paese, ma colpito dalle nuove criticità umanitarie, sociali, energetiche ed economiche imposte dai fronti di guerra in Ucraina.

Rapporto Caritas povertà 2021

Nel 2021, nei soli centri di ascolto e servizi informatizzati della Caritas, le persone incontrate e supportate sono state 227.566 persone. Rispetto al 2020 si è registrato un incremento del 7,7% del numero di beneficiari supportati (legato soprattutto agli stranieri); non si tratta sempre di nuovi poveri ma anche persone che oscillano tra il dentro fuori dallo stato di bisogno. Chiedono aiuto sia uomini (50,9%) che donne (49,1%). Cresce da un anno all’altro l’incidenza delle persone straniere che si attesta al 55%, con punte che arrivano al 65,7% e al 61,2% nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est; di contro, nel Sud e nelle Isole, prevalgono gli assistiti di cittadinanza italiana che corrispondono rispettivamente al 68,3% e al 74,2% dell’utenza. L’età media dei beneficiari si attesta a 45,8 anni. Complessivamente le persone senza dimora incontrate sono state 23.976, pari al 16,2% dell’utenza: si tratta per lo più di uomini (72,8%), stranieri (66,3%), celibi (45,1%), con un’età media di 43,7 anni e incontrati soprattutto nelle strutture del Nord (questa macroregione ha intercettato quasi la metà degli homeless d’Italia). Si rafforza nel 2021 la consueta correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione. Cresce infatti il peso di chi possiede al massimo la licenza media, che passa dal 57,1% al 69,7%; tra loro si contano anche persone analfabete, senza alcun titolo di studio o con la sola licenza elementare. 

Caritas: nel 2021 aiuti aumentati del 7,7%,

Nelle regioni insulari e del sud, dove lo ricordiamo, c’è una maggiore incidenza di italiani, il dato arriva rispettivamente all’84,7% e al 75%. Strettamente correlato al livello di istruzione è, inoltre, il dato sulla condizione professionale che racconta molto delle fragilità di questo tempo post pandemico. Nel 2021 cresce l’incidenza dei disoccupati o inoccupati che passa dal 41% al 47,1%; parallelamente si contrae la quota degli occupati che scende dal 25% al 23,6%. Risulta ancora marcato anche nel 2021 il peso delle povertà multidimensionali: nell’ultimo anno il 54,5% dei beneficiari della Caritas ha manifestato due o più ambiti di bisogno. In tal senso prevalgono, come di consueto le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, i bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità), le difficoltà legate allo stato di salute o ai processi migratori. 

Caritas: nel 2021 erogati quasi 1,5 mln interventi

Nel 2021 gli interventi della rete Caritas sono stati numerosi e vari. Complessivamente risultano erogati quasi 1 milione 500 mila interventi, una media di 6,5 interventi per ciascun assistito (considerate anche le prestazioni di ascolto). In particolare: il 74,7% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (mense/empori, distribuzione pacchi viveri, buoni ticket, prodotti di igiene personale, docce, ecc.); il 7,5% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 7,4% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 4,6% l’erogazione di sussidi economici (per il pagamento di affitti e bollette), il 2,2% il sostegno socio assistenziale e l’1,5% interventi sanitari. L’analisi della conversione degli interventi in euro mette in luce, tuttavia, che le erogazioni di sussidi economici pur rappresentando solo il 4,6% degli interventi assorbono oltre il 76% delle spese.

Caritas: “Crescono disuguaglianza sociale e povertà ereditaria”

Cresce la disuguaglianza sociale. I casi di povertà intergenerazionale pesano per il 59%. Nelle Isole e nel Centro il dato risulta ancora più marcato, pari rispettivamente al 65,9% e al 64,4%; il nord-Est e il Sud risultano le macro-aree con la più alta incidenza di poveri di prima generazione. E’ quanto emerge dal primo studio nazionale su un campione rappresentativo di beneficiari Caritas al fine di quantificare le situazioni di povertà ereditaria nel nostro Paese. Anche sul fronte lavoro emergono degli elementi di netta continuità. Più del 70% dei padri dei nostri assistiti, scrive la Caritas nel rapporto su povertà ed esclusione sociale, risulta occupato in professioni a bassa specializzazione. Per le madri è invece elevatissima l’incidenza delle casalinghe (il 63,8%), mentre tra le occupate prevalgono le basse qualifiche. Il raffronto tra le due generazioni mostra che circa un figlio su cinque ha mantenuto la stessa posizione occupazionale dei padri e che il 42,8% ha invece sperimentato una mobilità discendente (soprattutto tra coloro che hanno un basso titolo di studio). Più di un terzo (36,8%) ha, invece, vissuto una mobilità ascendente in termini di qualifica professionale, anche se poi quel livello di qualifica non trova sempre una corrispondenza in termini di impiego (data l’alta incidenza di disoccupati) o un adeguato inquadramento contrattuale e retributivo, vista l’alta incidenza dei lavoratori poveri. 

Chi proviene da classi svantaggiate rischia di rimanere intrappolato

In Italia il raggio della mobilità ascendente risulta assai corto e sembra funzionare prevalentemente per chi proviene da famiglie di classe media e superiore; per chi si colloca sulle posizioni più svantaggiate della scala sociale si registrano invece scarse possibilità di accedere ai livelli superiori (da qui le espressioni “dei pavimenti e dei soffitti appiccicosi”, “sticky grounds e sticky ceilings”). Il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica, per chi proviene da un contesto familiare di fragilità è di fatto molto alto, sottolinea la Caritas. Il nesso tra condizione di vita degli assistiti e condizioni di partenza si palesa su vari fronti oltre a quello economico. In primis nell’istruzione. Le persone che vivono oggi in uno stato di povertà, nate tra il 1966 e il 1986, provengono per lo più da nuclei familiari con bassi titoli di studio, in alcuni casi senza qualifiche o addirittura analfabeti (oltre il 60% dei genitori possiede al massimo una licenza elementare). E, sono proprio i figli delle persone meno istruite a interrompere gli studi prematuramente, fermandosi alla terza media e in taluni casi alla sola licenza elementare; al contrario tra i figli di persone con un titolo di laurea, oltre la metà arriva ad un diploma di scuola media superiore o alla stessa laurea.

Caritas: “RdC raggiunge solo 44% dei poveri assoluti”

La misura di contrasto alla povertà esistente nel nostro Paese, il Reddito di Cittadinanza, è stata finora percepita da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Il capitolo conclusivo del Rapporto si sofferma sulla situazione e le prospettive delle politiche di contrasto alla povertà, sviluppando una riflessione lungo tre assi: come realizzare buone politiche contro la povertà assoluta; quali interventi pubblici sono adeguati per fronteggiare l’alto rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia; quale ruolo la rete delle Caritas può svolgere in uno scenario di politiche pubbliche profondamente mutato negli ultimi anni, in cui lo Stato viene assume un rinnovato ruolo di centralità. Accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale. Ma al momento una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto. Il Rapporto offre alcune proposte, di rafforzamento della capacità di presa in carico dei Comuni, anche attraverso il potenziamento delle risorse umane e finanziarie a disposizione e un miglior coordinamento delle azioni. Particolare attenzione va data ai nuovi progetti programmi in partenza, finanziati dal Pnrr, tra cui GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori), un programma pensato per rafforzare i percorsi di occupabilità di disoccupati, lavoratori poveri o fragili/vulnerabili (NEET, giovani, maturi), beneficiari di RdC e di ammortizzatori sociali in costanza o assenza di rapporti di lavoro; si tratta di 3 milioni di persone da formare o riqualificare entro il 2025, di cui il 75% saranno donne, disoccupati di lunga durata, giovani under 30, over 55. Per il tipo di profilo definiti, questo programma interesserà senz’altro persone che si rivolgono ai centri e servizi Caritas. 

Cei, card. Zuppi: “6 mln poveri assoluti, società ammalata!”

Il Rapporto Caritas “non ci può far continuare come prima”. Lo sottolinea il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei, intervenendo con un videomessaggio alla presentazione del Rapporto su povertà ed esclusione sociale curato da Caritas Italiana.


“È come se a me dicessero: ‘Guarda, tu hai i valori sballati’, allora devi andare dal medico e ti fai curare. Questi valori sono sballati, perché vedere che quasi sei milioni di persone sono in povertà assoluta è un valore sballato nell’organismo del nostro Paese, che richiede quindi, ovviamente, dei cambiamenti, delle terapie, delle scelte, perché se continuiamo ad avere un dato così tutto l’organismo si ammala”,

ha affermato.

“Non è un problema di quelle persone per cui cerchiamo di fare qualche cosa, è anche una difesa di tutto l’organismo. La ‘Fratelli tutti’ e anche la consapevolezza del Covid ci aiutano a capire che non va bene accettare che ci sia un numero così alto di poveri”,

ha aggiunto il presidente della Conferenza episcopale italiana.

Card. Zuppi: “Aggiustare il reddito di cittadinanza”

“Una cosa che mi ha colpito – e speriamo che il governo sappia affrontarla con molto equilibrio – è il problema del reddito di cittadinanza che è stato percepito da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti”.

Così il cardinale Matteo Zuppi.

Quindi c’è un aggiustamento da fare ma mantenendo questo impegno che deve essere così importante in un momento in cui la povertà sarà ancora più dura, ancora più pesante e rischia di generare ancora più povertà in quelle fasce dove si oscilla nella sopravvivenza, che devono avere anche la possibilità di uscire da questa ‘zona retrocessione'”.