Quando le cose non vanno, Stefano Bandecchi sa sempre come spronare la sua Ternana. E all’intervista alla Gazzetta dello Sport lo ribadisce. Soddisfatto presidente? «Abbiamo messo fieno in cascina Siamo solo all’ottava giornata, sappiamo che la B ha tante insidie e la classifica oggi non rispetta i valori tecnici delle squadre».
Nei giorni scorsi ha ordinato alla sua truppa di volare bassi. Non è da lei, che da parà partecipò a una missione in Libano. «Non ho detto di volare bassi. Ho solo ricordato alla squadra quale è la realtà: ci mancano 22-23-24 punti per la salvezza. Questo è l’unico ragionamento serio che si può fare adesso».
Eppure a Cristiano Lucarelli, la scorsa estate, ha fatto firmare una lettera per la Serie A. «Un accordo che prevedeva poche parole e tanti fatti, il massimo impegno. Gli avremmo messo a disposizione una squadra competitiva e lui aveva solo il compito di farla marciare. Lui sta rispettando l’accordo in maniera corretta, ha trovato la chiave di lettura giusta».
Serie b, Ternana prima. Investimenti pronti
Con questi risultati può tornare a fare la voce grossa con le istituzioni, visto che i suoi progetti (stadio-clinica, centro sportivo, gestione del palasport) non decollano. Il solito problema della burocrazia? «Io non aspetto i risultati per farmi sentire. Ma sia chiaro: se non saremo autorizzati a fare almeno il centro sportivo – cosa che in Serie A e B hanno tutti – vuol dire che non potremo ambire a nulla, non sarà possibile fare calcio qui a Terni. Questo club non ha niente, al momento è solo prestato alla B. Vogliamo investire, per il centro sportivo sono pronti 10-15 milioni, per lo stadio con il centro di ricerca medica 45: dovrebbero ringraziarci, invece stiamo aspettando ancora delle risposte. Le faccio io una domanda».
Prego. «Se dovessimo andare in Serie A, come potremo farla senza strutture all’altezza?». In effetti è quasi impossibile. Ma perché succede questo? «Ci sono dinamiche politiche che non vogliono che la squadra umbra in A sia la Ternana». Intanto i cugini del Perugia li guardate dall’alto. «La classifica è falsa Auguro loro di risollevarsi presto».
Siete in controtendenza sul mercato: la scorsa estate ai più forti, invece di venderli, ha allungato i contratti. Perché? «È una logica aziendale che ho sempre avuto. La forza delle aziende sono gli uomini, quindi per avere una squadra forte devo avere giocatori forti, non devo venderli. Viviamo di sogni e non possiamo farlo vendendo i migliori. Il nostro d.s. Leone ha fatto un mercato intelligente».
Una riforma è possibile
Ma la squadra la diverte? «No. Il nostro calcio è cinico, sappiamo contenere l’avversario e aggredirlo. Questo perché Lucarelli sta maturando e sta capendo la categoria. La squadra è efficace, ma non spettacolare. Giusto così. In A e in C ci sono squadre di vertice e di coda, in B no, sono tutte sullo stesso piano o quasi. Bisogna essere concreti e portare a casa il risultato».
Che stimolo rappresenta per un presidente di questa categoria sfidare proprietà straniere, fondi Usa e sceicchi? «Gli stranieri hanno più soldi, ma non si fa tutto con i soldi. Soprattutto nel calcio, anche se in B le risorse sono quello che sono. Cerco di strutturare il club in modo che possa crescere a prescindere dai soldi. Con il tempo scenderemo dal 100% di quote al 55%, vendendo pacchetti di azioni del 5% a nuovi soci». Lei ha detto che «la ricerca rivoluziona il mondo».
E il calcio cosa lo può cambiare? «Vanno riformate le categorie, riducendo l’area professionistica a 60-62 squadre. L’Italia non può reggere un professionismo a 100 squadre. E serve una revisione globale sul numero di giocatori italiani da schierare in B e C». E il Livorno? Come procede il progetto di rilancio che sta sostenendo da sponsor per la squadra della sua città? «È in ottime mani, spero possa tornare presto in C. Poi, quando io cambierò categoria, potrà venire in B