A conclusione dei lavori presso la sede a Washington del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) , che martedì aveva parlato di “recessione” per l’economia italiana nel 2023, il presidente di Bankitalia Ignazio Visco è più ottimista e parla di “forte rallentamento”. E sulle parole del Fondo mostra parecchio scetticismo e perplessità in virtù di un ritardo fisiologico che non sempre poi si concretizza.
Visco spiega anche il senso pratico delle sue parole, ossia una “crescita sostanzialmente nulla“, una stagnazione quasi certa. Al contempo le strategie economiche e finanziarie dovranno seguire interventi “temporanei e mirati”. Una frenata più brusca del previsto che finisce per essere controbilanciata dalle aspettative superate nella prima parte dell’anno, nonostante gli effetti gravissimi dell’aumento del prezzo dell’energia
Considerazioni sulla politica monetaria
Sulla credibilità delle stime attuali per l’economia italiana, Ignazio Visco confessa un margine di errore anche alla luce dei recenti avvenimenti e dei precedenti aggiustamenti anche marcati.
Poi il focus passa alla politica monetaria, chiamata a essere aggressiva per fronteggiare l’inflazione crescente e insieme prudente per evitare squilibri ancora maggiori. Per il numero uno di Bankitalia, tuttavia, la politica monetaria non è la causa di un’economia stagnante, bensì una conseguenza dell’inflazione che ha sottratto potere d’acquisto ai consumatori e scoraggiato il commercio internazionale. E la guerra viene indicata come principale fenomeno che ha generato questa situazione.
Battuta conclusiva sullo spread italiano, dove il confine sottile tra speculazione e politiche di bilancio prudenti è molto sottile. La percezione data dall’alto debito pubblico del nostro Paese impedisce inoltre di impostare una strategia a lungo termine, pertanto la parola chiave rimane “attenzione”.
Per Visco l’economia italiana deve evitare di creare ulteriore debito
Prima di volare negli Stati Uniti, il governatore aveva invitato a considerare la redistribuzione dello shock causato dall’inflazione su tutti i soggetti produttivi, considerando anche di spalmarlo sul futuro. Ma al tempo stesso ciò significherebbe ulteriore debito che andrebbe a gravare su chi già oggi si trova in difficoltà e non avrebbe le forze per continuare la lunga risalita verso il pareggio di bilancio.