In Nuova Zelanda centinaia di cetacei si sono spiaggiati sulle Isole Chatham. I pochi esemplari superstiti sono stati soppressi con l’eutanasia per la pericolosità dei troppi squali in acqua. Il Dipartimento della Conservazione ha deciso che le carcasse non verranno seppellite o riportate in mare.

Negli ultimi giorni in Nuova Zelanda moltissimi cetacei si sono spiaggiati sulle isole situate a circa 800 chilometri da quella principale del paese e abitate da poche centinaia di persone.

Come riportato dalla Associated Press, infatti, ben 477 globicefali o “balene pilota”, si sono arenati in due remote spiagge delle Isole Chatham (Wharekauri in maori), un arcipelago composto da due isole site a un migliaio di chilometri a Sud Est rispetto all’Isola del Nord e all’Isola del Sud, le principali terre emerse dello stato oceanico.

Gli animali sono purtroppo tutti deceduti, di morte naturale (per soffocamento sotto il loro stesso peso) o perché soppressi con l’eutanasia da parte dei veterinari. Solo una ventina di giorni fa altri 200 globicefali si erano spiaggiati sulla Ocean Beach in Tasmania in Australia.

Non è la prima volta che sulle spiagge delle suggestive isole Chatham, curiosamente la località geografica più lontana in assoluto dall’Italia, hanno trovato la morte numerosi mammiferi marini. Nel 2020, ad esempio, a Waitangi West Beach si spiaggiarono 97 globicefali, la specie più predisposta agli spiaggiamenti di massa e tre tursiopi. Anche in questo caso tutti morti.

Il recente evento di massa si è consumato in due giorni distinti, Venerdì 7 e Lunedì 10 Ottobre; nel primo, avvenuto a Tupuangi Beach, si sono spiaggiati 232 cetacei e nel secondo a Waihere Bay altri 245.

Nuova Zelanda cetacei spiaggiati: “Scena straziante”

Come dichiarato all’AFP da Daren Grover, direttore generale di un organizzazione impegnata nel salvataggio dei mammiferi marini (Project Jonah), la scena è stata “straziante”.

Non tutti i globicefali erano morti all’arrivo dei soccorritori e in altre condizioni avrebbero provato a riportare i superstiti in acqua (una fatica talvolta inutile, dato che gli animali possono tendere a spiaggiarsi di nuovo), tuttavia hanno ritenuto che stavolta non fosse il caso. Le acque attorno alle isole Chatham sono infatti infestate dagli squali, che avrebbero potuto attaccare sia le persone impegnate a spingere i cetacei in mare che i globicefali stessi.

Così hanno deciso di optare per la “morte dolce” attraverso l’eutanasia. Va anche considerato che su queste isole vivono appena 600 persone e non ci sono tutte le attrezzature e il personale per una missione di soccorso rapida ed efficace.

I globicefali possono raggiungere i 6 metri di lunghezza per oltre 3 tonnellate di peso, dunque spostarli è anche un impegno logistico non indifferente. Ricordiamo che anche se vengono chiamati “balene pilota” in realtà si tratta di odontoceti delfinidi, cioè con i denti e non con i fanoni come le balene propriamente dette.

Il perché degli spiaggiamenti

Non è nota la ragione per cui avvengono questi drammatici spiaggiamenti di massa, ma gli scienziati ritengono che per la Nuova Zelanda e l’Australia, dove i fenomeni avvengono più spesso, è possibile il coinvolgimento del peculiare fondale marino, con acque molto basse che scendono dolcemente verso l’oceano e possono intrappolare i cetacei durante la bassa marea. Alcuni esperti ritengono anche che possano essere coinvolti l’attività solare e il campo magnetico terrestre.

Inoltre il comportamento gregario e sociale di questi mammiferi marini può spingere i pod ovvero gli interi  gruppi famigliari a seguire il leader malato o ferito fino alla costa e poi sulla spiaggia.

Il Dipartimento della Conservazione della Nuova Zelanda ha deciso infine, di non rimuovere le 477 carcasse dei globicefali dalle spiagge, lasciando che la natura faccia il suo corso.