L’allarme neve a Cortina d’Ampezzo è stato diffuso attraverso uno studio climatologico dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale: il report segnala la riduzione di caduta di neve entro 12 anni in tutta la provincia di Belluno. Scetticismo da parte dei gestori di impianti che parlano di eccessivo catastrofismo.

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) lancia un preoccupante allarme sulle condizioni di neve a Cortina d’Ampezzo.

Secondo lo studio effettuato dall’ente mondiale per le condizioni meteorologiche e climatiche la neve potrebbe sparire da Cortina d’Ampezzo entro i prossimi 30 anni e addirittura sciogliersi prima di arrivare al suolo entro il 2036. Ciò inevitabilmente renderebbe impossibile l’utilizzo delle piste da sci.

Inoltre, la natura instabile di questa neve creerebbe pericolo sia per gli appassionati di sci che per altri sport d’alta montagna.

Il documento ufficiale è contenuto nel report annuale “Stato dei servizi climatici 2022” ed è titolato “Prova climatica per lo sviluppo e gli investimenti locali nelle Dolomiti”.

Nel documento si manifesta l’incertezza dell’evoluzione climatica e la conseguente pericolosità in relazione a differenti fattori. Viene inoltre evidenziata la necessità di “una preparazione tempestiva delle politiche, strategie di adattamento e integrazione del potenziale climatico nella pianificazione nazionale e regionale”.

Tale analisi è focalizzata sulla regione alpina: negli ultimi 120 anni in questa zona si è già registrato un aumento di 2°C con una velocità doppia rispetto alla media globale. Con questo incedere, questo cambiamento climatico determinerebbe conseguenze drammatiche per il ritiro e la scomparsa dei ghiacciai. Se ormai durante la stagione estiva i ghiacciai soffrono e non nevica più nemmeno ad alta quota, la stessa situazione potrebbe ripetersi anche durante l’inverno con conseguenze drammatiche per tutto il settore alpino legato allo sci.

Allarme neve Cortina: la necessità di un cambiamento energetico

La città di Cortina d’Ampezzo e più in generale l’area della provincia di Belluno rischiano un aumento fino al 6,2% di conseguenze dirette legate al clima e un aumento del 10,2% di quello indiretto “per eventi di neve bagnata nel periodo 2036–2065”.

Con il termine “conseguenza indiretta” si indicano eventi non è strettamente legato al cambiamento climatico ma a fattori comunque a esso correlati.

Oltre all’aspetto ambientale, il documento segnala anche che alcuni settori industriali potrebbero risentire degli effetti del climate change, come ad esempio industrie locali specializzate in produzione di articoli legati agli sport invernali e, in minor misura, per la distribuzione di energia elettrica nella zona di Cortina.

È altresì probabile che gli impianti sciistici in assenza di neve naturale per sopravvivere nella stagione invernale dovranno ricorrere alla produzione di neve artificiale, con incremento di consumi di energia e di emissioni nocive. Il tutto inevitabilmente alimenterebbe l’aumento di temperatura e il cambiamento climatico a causa dell’inquinamento.  

Lo studio è dunque anche una denuncia dell’utilizzo energetico nell’area alpina e quindi una sensibilizzazione a limitare l’aumento della temperatura ambientale attraverso la fornitura di elettricità da fonti di energia pulita.

Senza l’inversione di questo trend, c’è il forte rischio che il cambiamento climatico generi eventi meteorologici più estremi. Il rapporto rileva infatti che le risorse idriche sono scarse e questo è un rischio che potrebbe provocare stress idrico per la produzione di elettricità da centrali idroelettriche.

Lo scetticismo dei titolari degli impianti

In un’intervista al quotidiano “Repubblica”, Enrico Ghezze, titolare delle società degli impianti “Faloria” e “Cristallo” a Cortina, ha palesato con la seguente dichiarazione alcune perplessità circa l’allarmismo lanciato dallo studio condotto e divulgato da WMO:

“Le variazioni climatiche si dimostrano sempre più imprevedibili ma parlare nel breve di un cambiamento tale da rendere ingestibile la neve mi pare un’esagerazione. Calcolare le valutazioni climatiche in modo tale da poter parlare di cambiamenti radicali nel breve mi sembra eccessivo.”

Inoltre lo stesso gestore di impianti sciistici ha sottolineato come si evidenzi spesso quando un inverno è povero di precipitazioni nevose, mentre non venga dato sufficiente risalto agli eventi eccezionali di abbondanti nevicate, come accaduto tre anni fa.