L’Omm, Organizzazione Meteorologica Mondiale e membro Onu, ha pubblicato il report “Stato dei servizi climatici 2022” per fotografare lo status quo del cambiamento climatico in atto. L’analisi si basa sulla teoria per cui l’energia e le risorse per produrla siano la materia prima essenziale in questo momento storico.
Il traguardo fissato dall’Omm per il 2030 è il seguente: le fonti rinnovabili devono crescere almeno del 50% per contrastare il surriscaldamento globale.
Onu, il cambiamento climatico può ribaltare le gerarchie geopolitiche dell’energia
L’Omm, costola dell’Onu in materia di clima e meteo, spiega quale dovrebbe essere il circolo virtuoso per un pianeta più attento al cambiamento climatico. Da un lato le forniture di energia, elemento indispensabile nell’economia geopolitica attuale, dall’altro le condizioni meteorologiche.
Al giorno d’oggi il vero problema è la difficoltà nell’interpretazione delle informazioni meteorologiche, che rendono complesso effettuare previsioni sempre più accurate. In tal modo diventa impossibile fare previsioni sullo stoccaggio di energia e dunque capire come soddisfare la crescente domanda energetica. Il rischio è di assistere a eventi meteorologici estremi a cui arrivare impreparati e senza alcuna garanzia per il futuro energetico.
Come noto, il 2050 è la deadline simbolica per raggiungere la neutralità climatica e azzerare le emissioni dei gas serra. Per completare la famosa “transizione ecologica” servono investimenti massicci nelle infrastrutture quali il solare, l’eolico e il potenziamento dell’idroelettrico: modernizzazione fa rima in questo caso con efficienza.
Acqua, bene prezioso in esaurimento
Il rapporto mostra poi un focus sulle risorse idriche, definite “scarse”. Ne consegue che l’idroelettrico è destinato a scomparire se il trend legato alla siccità dovesse persistere sul lungo periodo. Il guaio, tuttavia, è che l’87% dell’elettricità globale deriva dalla disponibilità di acqua.
Di seguito altri dati che fotografano le difficoltà attuali:
Il 33% delle centrali termoelettriche che dipendono dalla disponibilità di acqua dolce per il raffreddamento si trovano in aree ad alto stress idrico. La percentuale scende al 15% nel caso delle centrali nucleari esistenti, ma ci attendiamo un aumento fino al 25% nei prossimi 20 anni
L’11% della capacità idroelettrica si trova in aree ad alto stress idrico, circa il 26% delle dighe idroelettriche esistenti e il 23% delle dighe previste si trovano all’interno di bacini fluviali che attualmente presentano un rischio medio-altissimo di scarsità d’acqua”.
Estratto dal rapporto Omm sull’energia
Inoltre, le centrali nucleari, che dipendono dall’acqua per i sistemi di raffreddamento, sono potenzialmente vulnerabili all’innalzamento del livello del mare e alle inondazioni dovute al cambiamento climatico.