Amare, senza se e senza ma, alla luce del sole: è questo il senso più profondo del Coming out Day, che si festeggia in tutto il mondo l’11 ottobre di ogni anno per celebrare il diritto di dichiarare apertamente il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere. Una ricorrenza nata nel 1988 negli Stati Uniti, che ancora oggi ha un significato importantissimo nella lotta alle discriminazioni.
Coming out Day, perché si festeggia l’11 ottobre
L’espressione “coming out” deriva dalla frase inglese “coming out of the closet” (letteralmente “uscire dall’armadio”) e identifica la scelta di chi decida di dichiarare apertamente la propria identità sessuale, “uscendo allo scoperto”. Si tratta in realtà di un vero e proprio processo, che può essere diviso in due fasi: il coming out interiore, ossia il momento in cui un individuo si rende conto di far parte della comunità LGBTQ+, acquisendone consapevolezza, e il coming out esterno di chi senta, per vari motivi, di dover dichiararlo alla società, partendo dalla famiglia e dagli amici. Un gesto che non è uguale per tutti e che non per tutti arriva alla stessa età o con la stessa facilità, ma che è importante sdoganare. Per questo c’è il Coming out Day, una ricorrenza nata nel 1988 grazie allo psicologo Robert Eichberg e all’attivista per i diritti LGBT Jean O’Leary, decisi a dedicare la propria esistenza all’affermazione della libertà di amare. Mentre l’11 ottobre viene scelto per ricordare la prima, grande marcia per i diritti LGBTQ+, organizzata a Washington e in seguito alla quale diversi manifestanti subirono violente ripercussioni.
Perché sdoganarlo è importante
In un mondo eteronormativo, che vede l’omosessualità come una condizione di diversità, fare coming out, soprattutto in passato, è stato a volte un vero e proprio atto politico. E tante sono state le persone famose che, con il loro gesto, hanno incoraggiato molti giovani a non avere paura di esprimere sé stessi.
Da David Bowie, che nel 1972 dichiarò nel corso di un’intervista “Sono gay e lo sono sempre stato, anche quando ero David Jones”, a Elton John, che rese nota la propria omosessualità nel 1988, dopo la separazione dalla moglie Renate Blauel, passando per attori di Hollywood, personaggi televisivi e cantanti, anche nostrani. Tiziano Ferro lo ha fatto all’interno della biografia “Trent’anni e una chiacchierata con papà”, nel 2010: la stessa modalità scelta anche da Gianna Nannini, che usciva allo scoperto in “Ca**i miei” nel 2017. O ancora, sul web, molti ricorderanno l’iconico coming out di Gugliemo Scilla, in arte Willwoosh, lo youtuber italiano più famoso che, sempre nel 2017, decise di dichiarare apertamente la propria omosessualità in un video, senza troppi giri di parole.
Scelte che derivano da anni di incomprensioni e ansie, accompagnate dalla paura di non essere compresi. Lo psicologo statunitense Mark J. Blechner ha a lungo studiato gli effetti del nascondere la propria vera identità, creando anche un esperimento che permettesse di capire alle persone eterosessuali il forte disagio che sperimentano quotidianamente coloro che sono costretti a nascondere il proprio orientamento a causa del pregiudizio sociale: un senso di isolamento ed estraniamento che può causare disturbi psicologici anche importanti. Scelte coraggiose, quindi, che nascondono molto. E scelte personali, che non vanno imposte, ma accompagnate e riconosciute nel modo giusto, permettendo a chiunque di sentirsi accettato per quello che è.